19 settembre 2013 4 commenti
Ritorno a questo Ballard con l’ennesimo vecchio Urania recuperato e gia’ riprenderlo con la serie che me lo fece conoscere, e’ un piacere in piu’.
La gestione della collana del duo Fruttero & Lucentini ebbe tanti meriti, tra i quali l’allargare gli orizzonti del genere, includendo spesso romanzi e racconti non propriamente legati alla fantascienza, come in questo caso.
Nel senso piu’ ampio infatti, la fantascienza si puo’ considerare una branca del fantastico ed e’ in questa accezione che non di rado si sono letti racconti horror e fantastici appunto, come e’ il caso dell’antologia in questione.
Nessun alieno quindi, ne’ astronavi e neppure galassie lontane lontane.
I racconti sono minuscoli, asciutti, intimisti, raccolti e cupi. Il mistero s’annida nel cuore dei tanti protagonisti, azioni che non hanno bisogno di spiegazioni in un microcosmo nel quale causa ed effetto coincidono e collassano.
Non esiste una soluzione, ogni conseguenza pare inevitabile, predestinata ed in quanto tale mai terribile, nella natura che piu’ che mai appare cattiva.
E’ il Ballard dei primi anni ’60 che precede i romanzi di successo, riconoscibile nelle esperienze di pilota d’aeroplano, nel disagio fisico che esplodera’ anni dopo in "Crash", nel disagio interiore del quale divenne voce e maestro, viaggiatore da dentro a fuori e ancora dentro, cerchio senza soluzione di continuita’ ed e’ capovolgimento dello spazio cosi’ come e’ capovolgimento del tempo. Scrittore dalle grandi promesse poi mantenute, non tradisce inesperienza, semmai resta piu’ contratto e rigido di come impareremo poi a conoscerlo.
Bella lettura per serate d’autunno, come quando qualcosa muore e la rinascita sembra troppo lontana.