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Gli Shardana, i guerrieri dal cuore ribelle (Sherden)
Creato il 22 marzo 2015 da PierluigimontalbanoLe tracce più antiche degli Shardana (SRDN) si hanno nel Vicino Oriente, intorno al XV a.C., quando gli ambasciatori delle “Isole nel cuore del Grande Verde” sono raffigurati a Tebe nelle tombe dei visir Senmut, Useramon e Rekhmire nell’atto di portare doni per i faraoni Ashepsuth,Tuthmosis III e Amenofi II. La missione era finalizzata a ottenere l’autorizzazione per proseguire i commerci verso le rive asiatiche e mantenere l’indipendenza amministrativa dall’Egitto. Compaiono in processione, insieme ai principi di Kephtiu, e si distinguono per il colorito rosso bruno della pelle, per i lingotti ox-hide in rame che portano sulle spalle e per l’elegante vestiario. Appartengono alle stesse genti raffigurate due secoli dopo nei rilievi celebrativi dei maestosi templi dei faraoni Ramessidi. Hanno spade a lama triangolare e scudo rotondo, e sul capo portano un caratteristico elmo con le corna. Sono menzionati sui documenti egizi, dall’epoca di Amenofi IV (1370 a.C.) al regno di Meremptah (1220 a.C.), e nelle tavolette in argilla, scritte nel 1330 a.C. in cuneiforme, trovate nelle città di Amarna e Ugarit. In base ad alcuni riferimenti, quei testi citano genti con lo stesso nome di mercenari (denominati vignaioli) che combattevano nelle fila dei Mitanni durante le guerre ai tempi di Tuthmosis III e Amenofi II, ossia almeno al 1460 a.C. Il più grande faraone della storia egizia, Ramesse II, li definì “guerrieri dal cuore ribelle, invincibili sul mare” e li assoldò fra le fila del suo
esercito in qualità di guardia personale. Il compenso comprendeva privilegi e terre, infatti, oltre a essere stanziati in fortezze, gli Shardana sono assegnatari di fertili zone agricole lungo le sponde del Nilo nel Medio Egitto. Scomparso Ramesse II, dopo un cinquantennio di pace sancito al termine della guerra di Qadesh, sale al trono il faraone Meremptah (1225). Insieme ai suoi successori, deve contrastare una serie di eventi bellici causati da guerrieri che, a ondate successive, per mare e per terra, sconvolgono inizialmente le città costiere greche e l’Anatolia, già indeboliti da una serie di terremoti che provocarono il crollo delle mura difensive, e poi si riversarono nel Vicino Oriente, travolgendo le città cananee e prendendone il controllo. Giunsero, infine, alla foce del Nilo, e proprio in queste fasi, nel 1170 a.C., sotto il regno di Ramesse III, gli Shardana compaiono come alleati nella coalizione convenzionalmente conosciuta come Popoli del Mare, con l‘obiettivo di conquistare il controllo dei luoghi strategici per l’amministrazione del potere, Egitto in testa. Nel progetto bellico, ideato con una serie di manovre a tenaglia, i popoli nordafricani miravano al delta occidentale del Nilo, mentre la coalizione guidata dagli Shardana e dai Peleset (i filistei) si impossessò delle terre a est del grande fiume. Ramesse III riuscì a bloccarli nel Delta del Nilo, con una epica battaglia navale vincente che fece rappresentare propagandisticamente nel tempio di Medinet Habu. Nei cruenti rilievi, i nemici sconfitti sfilano imprigionati, ma realisticamente il faraone riuscì a conservare il controllo delle sole province interne bagnate dal Nilo. Dopo queste guerre, i confini dei domini degli Shardana erano nella pianura a est del Giordano e nella Galilea, nonché la fascia d’approdo di Asher, a Nord di Dor. Alcuni studiosi ritengono che gli Shardana giunsero in Sardegna dopo queste guerre, alla fine del XII a.C. ma ciò è contraddetto dalle tracce archeologiche. La Sardegna, infatti, era da tempo saldamente controllata dai potenti clan nuragici, e non avvennero quei mutamenti politici e sociali che suggeriscono l’arrivo di conquistatori. Verosimilmente avvenne il contrario, ossia che gruppi di guerrieri sardi in cerca di gloria, inizialmente coinvolti come militari di scorta alle navi che solcavano il Mediterraneo per gli scambi commerciali, allestirono una flotta sarda e approdarono nelle coste asiatiche del Mediterraneo. Decisero di coalizzarsi con altri gruppi bellicosi, soprattutto anatolici e nordafricani, per invadere l’Asia Minore, all’epoca controllata dagli Ittiti, e l’Egitto.In quel periodo, in Sardegna si contavano migliaia di nuraghi, alcuni con torri sovrapposte fino a tre piani che svettavano a 27 metri di altezza, cinte da poderosa mura e bastioni. Certamente le potenti famiglie sarde conoscevano bene i regni orientali, come è testimoniato dai frequenti scambi di metallo, soprattutto rame e argento, e dai manufatti preziosi cretesi e micenei, in ceramica, pasta vitrea e avorio, trovati nell’isola.Le rappresentazioni dei Sardi di quell’epoca d’oro sono visibili nelle statue in pietra a tutto tondo più antiche del Mediterraneo Occidentale. Oggi si trovano nei musei di Cagliari e Cabras. Sono a grandezza naturale, poste su un piedistallo, e monumentalizzavano una necropoli nuragica del Primo Ferro sulla collina di Monte Prama nel Golfo di Oristano. Le rappresentazioni più numerose, invece, sono le piccole preziose sculture in bronzo esposte nei musei di tutto il mondo, databili a partire almeno dal 900 a.C., e distinguibili in guerrieri con lo scudo tondo, elmi cornuti, pettorine e gonnellini a coda triangolare identici a quelli degli Shardana rappresentati nei templi egizi. A questi incantevoli bronzetti armati si aggiungono sacerdoti, offerenti, divinità, animali e oltre 150 barche miniaturizzate, alcune delle quali trovate intatte nelle principesche tombe etrusche. Alle navicelle utilizzate in ambito funerario si affiancano altre imbarcazioni, di identica tipologia, trovate nei pozzi sacri e in altri santuari, probabilmente ideate come ex-voto di marinai o guerrieri scampati alla morte in mare.
Gli scafi sono tutti progettati rispettando perfettamente le proporzioni e i principi dell’idrodinamica, come suggeriscono le chiglie sagomate, le mura, gli alberi e le dotazioni di bordo, a testimonianza di una elevata conoscenza della nautica d’alto bordo. Il loro simbolismo, legato alle liturgie nuragiche (civile, militare e religiosa), cattura ipnoticamente i visitatori, e a bordo troviamo uccelli, vari animali, carri trainati da buoi e prue sempre caratterizzate da protomi con corna bovine, di cervo, di antilope, di ariete e di altri animali cornuti.Nelle immagini: Spadaccino, arciere e navicella esposti al Museo Archeologico di Cagliari.
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