Sarebbe fantastico, se non fosse drammatico: ormai il governo non solo rinuncia alla realtà, ma anche alla verosimiglianza, procede con una narrazione nata come furba, divenuta canagliesca ed ora approdata al puro stato etilico, sgangherata e ripetitiva. Padoan giura che la ripresa c’è e ci sarà per sempre, ignorando ogni previsione al ribasso che ormai viene persino dai sinodi più accreditati del liberismo, Ocse e Bce comprese, mentre Renzi che sa sempre cosa dire e mai cosa pensare, si trastulla con la diminuzione delle tasse a cui non crede nessuno e si rifugia nel bel tempo andato degli 80 euro, dicendo a un anno e mezzo di distanza, che funzionano.
Tutto il governo e l’insieme del milieu politico, intento a darsi battaglia sule migrazioni epocali, secondo linee puramente dettate dai manovratori mediatici, sembra non essersi accorto che i meccanismi che hanno sostenuto la bolla azionaria e finanziaria del dopocrisi, si sono inceppati, che i valori di pura fantasia creati dal denaro a costo zero non per le persone, ma per il sistema finanziario, si va ridimensiondo, che i quantitative easing con i quali si sono drogate le borse soprattutto grazie al riacquisto delle azioni da parte delle aziende non sono più sufficienti, che una nuova ondata di crediti inesigibili e di titoli spazzatura è in agguato.
Una crisi azionaria in gran parte indotta per sventare un aumento dei tassi della Fed ha in realtà lasciato intravvedere dietro il sipario il rallentamento globale dovuto all’impoverimento progressivo e al calo della domanda, peraltro testimoniato dal rallentamento della Cina, divenuta ormai la fabbrica del mondo. E l’hanno intravista in molti tanto che migliaia di miliardi sono stati ritirati dai fondi comuni, senza finire altrove come di solito accade (tipicamente nei fondi obbligazionari) mentre i rimbalzi sembrano in gran parte dovuti appunto alle operazioni di buyback aziendale. Insomma la fragilità di una costruzione ha mostrato i suoi tarli, ma soprattutto ha reso noto a chi vuol vedere e non chiudere gli occhi, che per evitare una caduta, non solo dell’economia di carta, ma anche dell’egemonia ideologica liberista e delle sue prescrizioni, bisogna continuare a marciare vero il dirupo fingendo che il sentiero sia infinito. Ma la sensazione è che il punto di svolta si stia avvicinando a grandi passi con tutte le sue conseguenze. Compresa quella che per evitare un disastro per le elites dominanti si trovi una via d’uscita nella guerra, i cui presupposti sono già stati creati nel caso si debba scegliere di giocare la carta più tremenda.
Eppure il governo del nostro scontento è come se vivesse dentro un’oasi costruita con la stessa materia dei miraggi, in un’isola felice che galleggia sull’informazione amica. Pensa positivo semplicemente perché è incapace di pensare, non accorgendosi nemmeno degli effetti comici che riesce a suscitare quando manipola rozzamente le cifre o semplicemente le dimentica ritenendo che suonare a tutto volume il disco rotto possa sempre averla vinta sul dato di realtà. E’ come se il milieu politico si fosse trasformato in un ceto parassitario di basso livello che bada soltanto a difendere le sue rendite di posizione. Non oso pensare cosa accadrebbe in questo Paese se al momento in cui il meccanismo avrà esaurito le capacità di autolimentazione, ci fossero al timone simili individui. Non oso pensarci anche se fatalmente accadrà.