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Gli stili della traduzione

Creato il 07 marzo 2011 da Giuseppemanuelbrescia

Dopo avervi presentato alcune coinvolgenti relazioni tratte dal simposio sulla traduzione letteraria di Sydney, è il momento di tirarmela un pochino, con il link del secondo gruppo di discussione, che includeva il vostro affezionatissimo.

Il titolo era “Styles of Translation,” abbastanza vago da consentire tre relazioni piuttosto diverse tra loro.

Dal simposio di Sydney: gli stili della traduzione
Il momento più memorabile, forse dell’intero simposio, è stata la straordinaria relazione di Chris Andews (25:10 – 45:30), il principale promotore del simposio, che ringrazio per l’ennesima volta per avermi dato l’opportunità di partecipare ad un evento unico. Traduttore di grandissimo talento, poeta e accademico, Chris ha parlato di coerenza e coesione, senso e nonsenso, affrontando una delle sfide più insidiose dei traduttori letterari. Partendo dall’affermazione di Shoshana Blum-Kulka che sostiene, a ragione, che le traduzioni tendono ad essere più esplicite degli originali, Chris ha analizzato la tendenza di dare un senso al nonsenso, così come la possibilità di fare il contrario. E ha esplorato inoltre il rapporto fra questi spostamenti fra senso e nonsenso e il processo della composizione.  Per illustrare il suo argomento, già assai convincente, si è servito di materiale tratto dal libro di César Aira su Edward Lear.

Dal simposio di Sydney: gli stili della traduzione
Thon-That Quynh-Du (46:00 – 1:09:11) ha condiviso invece le sue opinioni su come il gusto personale di un traduttore influenzi quasi ogni sua scelta. Traduttore letterario d’altri tempi, pieno di passione, Du non intende soltanto scelte stilistiche in un lavoro commissionato, ma si riferisce anche alla scelta di quali testi e quali autori tradurre, pratica assai più diffusa nel mondo anglofono che non in Europa. Nel farlo ha raccontato la propria esperienza nel tradurre Pham Thi Hoai, il cui romanzo Crystal Messenger, tradotto da Du stesso, gli è valsa un prestigioso premio letterario australiano nel 2000.

Per quanto concerne il vostro affezionatissimo, un umile artigiano in mezzo agli accademici, ho cercato di attenermi a quel che faccio, e credo di far bene. Mi sono quindi concentrato sulla pratica anziché addentrarmi troppo nelle teorie. In particolare ho analizzato il problema dei dialetti, degli idioletti e dei socioletti nell’ambito della traduzione. Ad ispirarmi sono stati i molti significati della parola “stile,” dato che i diversi stili, intesi come varietà personali, regionali e sociali di una lingua, obbligano il traduttore a trovare il proprio stile.  Tradurre idioletti, dialetti e socioletti ci mostra come  lo stesso stile – inteso come varietà – possa richiedere diversi stili di traduzione in diversi contesti. Se siete curiosi, ecco la traccia della mia relazione: Encounters with dialects, idiolects and sociolects in translation, mentre qui ne trovate un adattamento italiano, se preferite: Tradurre dialetti, idioletti e socioletti.


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