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Gli uomini in nero

Creato il 17 marzo 2016 da Lafirmacangiante
(di Alfredo Castelli e Giancarlo Alessandrini)
GLI UOMINI IN NEROSe, come dicevo nel post dedicato al primo numero di Dylan Dog, nell'86 avevo poco più di undici anni e pochi soldi in tasca, nell'aprile del 1982 di anni non ne avevo neanche sette e i soldi a malapena sapevo a cosa servissero (ah, che bei tempi). Forse è in quella data, ancor più che con la successiva uscita nelle edicole italiane dell'indagatore dell'incubo, che in casa Bonelli cambiò qualcosa, proprio grazie al primo albo di Martin Mystère: Gli uomini in nero.
Si passava dall'avventura classica ai generi, dal western di Tex e dalle peripezie di Zagor e Mister No (che qualche spallata già l'aveva data), ai temi colti di Martin Mystere, all'horror di Dylan Dog, alla fantascienza di Nathan Never, al poliziesco di Nick Raider e così via. I protagonisti diventavano più complessi, le atmosfere e le psicologie meglio costruite, la proposta andava a variegarsi.
A prescindere dall'età anagrafica di ciascuno di noi, a prescindere dalle storie che oggi leggiamo con maggiore piacere rispetto ad altre, a dispetto dei generi trattati, ognuno di noi appassionati di fumetto, chi più chi meno, porta nel cuore il suo personaggio Bonelli, quello al quale è più legato. Per mio padre questi è sicuramente Tex, per lo zio che foraggiava i primi albi negli anni dell'infanzia sarà stato con tutta probabilità il Comandante Mark, per me è Martin Mystère. Nonostante siano anni che non leggo più le sue avventure a tutt'oggi rimane il mio personaggio Bonelli. All'epoca, quando lo leggevo con regolarità, oltre a divertirmi e intrattenermi mi dava l'impressione di insegnarmi un mucchio di cose. Ovviamente l'incontro con Martin avvenne ad avventura editoriale già inoltrata, poi il recupero dei Tutto Mystère, etc...
GLI UOMINI IN NEROOra, a mente fredda, l'esordio del buon vecchio zio Marty mi sembra non abbia la forza che riesco ancora ad attribuire a un albo come L'alba dei morti viventi del collega Dylan Dog. A fare la differenza è proprio la necessità di calarsi con calma nelle vicende di Mystère, di coglierne tutti gli spunti legati alla nostra realtà e ai misteri della nostra Storia, di capire il motore che muove i personaggi (caratteristica comune a diverse serie a dire il vero) e, in questo primo albo soprattutto, carpire qualche elemento chiave.
Quello fondamentale qui sono gli uomini in nero, organizzazione con ramificazioni praticamente ovunque dedita a preservare lo status quo, il potere consolidato. In un mondo fatto di misteri e relative scoperte, alcune delle quali capaci di cambiare o evolvere le conoscenze a disposizione dell'umanità, ci sarà sempre chi gioca sull'assunto che sapere è potere, di contro, ovviamente non sapere è non potere. Non potere cambiare le cose, non potere dare maggiori possibilità ai più, l'imperativo è quindi occultare, insabbiare, preservare. Per questo ci sono gli uomini in nero.
Castelli si prende i suoi tempi per costruire la storia, quindici pagine di prologo e altre venti di sequenza subacquea solo al termine della quale vedremo per la prima volta in volto Martin Mystère e il sodale Java. Dal Mar delle Azzorre ai monti della Grecia sarà il mito del continente perduto a farla da padrone in questa prima avventura nella quale Mystère si troverà di fronte la temibile organizzazione, mentre molte basi di quella che sarà una serie di grande successo vengono gettate da Castelli e Alessandrini che già dal primo numero crea lo stile grafico di riferimento per il personaggio, sua la versione che più o meno tutti ricordano ancora oggi dopo tanti anni, e il prossimo Aprile (2017) ne saranno passati trentacinque da quel lontano esordio.
GLI UOMINI IN NERO

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