Se non c’è di meglio di cui parlare fa discutere la rete il caso innocuo di un bambino che vuole indossare la gonna e del papà che per gesto di solidarietà fa lo stesso. Questo esempio di come si può realizzare l’uguaglianza di genere è accaduto in una piccola cittadina tedesca molto tradizionalista e ha suscitato scalpore. L’episodio ha fatto il giro del mondo ma rappresenta un piccolo gesto rivoluzionario per rompere gli schemi che dividono uomini e donne in ruoli contrapposti e stereotipati generando due fenomeni negativi quali il sessismo (nel nostro paese abbiamo Giorgia, la nostra amica blogger, che ha sfidato i pregiudizi sociali rispettando la scelta di sua figlia: quella di comprare uno zainetto di Spiderman per il suo primo giorno di scuola malgrado i suoi compagni le hanno dato del maschiaccio.) Occupiamoci però di come la stampa italiana ha trattato il caso, poichè noi riteniamo che i media hanno una grande reponsabilità sui rapporti di genere (sopratutto la pubblicità che stabilisce cosa è maschile e cosa è femminile ma di questo ce ne occupiamo in Libera Infanzia).
Il Corriere scrive con un certo rispetto verso la vicenda:
MILANO – Sostenere i figli, dare il buon esempio. Questi sono i compiti di un padre. Non dovrebbe dunque sorprendere il gesto di Nils Pickert che ha iniziato a indossare la gonna, una gonna rossa con l’elastico che gli arriva fino sotto al ginocchio. Perché? Il figlio di cinque anni preferisce mettere abiti femminili anziché i pantaloni. «Dopotutto non mi sta neppure così male», asserisce l’uomo. La storia del papà-eroe e di suo figlio che rompono con gli schemi tradizionali e abbattono gli stereotipi socio-culturali, arriva dalla Germania e sta facendo dibattere la Rete.
Ma continuamo a notare come in molti giornali nazionali continuano a proliferare stereotipi offensivi:
Da Liberoquotidiano, giornale conosciuto per un’ottima etica e qualità giornalistica:
Il figlio in gonna, il papà lo segue: ecco come confondergli le idee
In Germania il bambino preferisce indossare abiti da donna e il padre lo imita: “Voglio insegnarli l’uguaglianza di genere”
[...]Quando il figlio di 5 anni è tornato a casa dall’asilo e ha iniziato a guardare con aria incuriosita la gonna della mamma, Nils Pickert, anziché reagire come Vito Catozzo – il meraviglioso poliziotto interpretato da Giorgio Faletti nel programma Drive In («Se io saprei che mio figlio mi diventerebbe un orecchione, porco il mondo cane che c’ho sotto i piedi, vivo me lo mangio, vivo me lo mangio») – non si è per nulla allarmato. No. Ha lasciato fare perché bisogna essere genitori moderni e dalla mentalità aperta e poi basta con tutte queste costrizioni che limitano la crescita dei bambini e non è giusto frenare i desideri dei piccoli che poi rischiamo di trovarceli aggressivi quando crescono e bla bla bla. Sarà…
Qualcuno direbbe be’ è Libero c’è da aspettarselo, ma può un giornale nazionale diffondere un messaggio così sessista? Ne abbiamo parlato anche nel caso della ragazza cubana che ha ucciso due coniugi, descritta dallo stesso giornale come una poco di buono (a causa di alcune foto rubate da Facebook che la ritraevano con pose feline e nemmeno così volgari rispetto a quelle che ogni giorno Libero pubblica sul suo sito online o incoerenti ai migliaia di articoli contro noi bigotte che andiamo contro il velinismo, vincendo la palma d’oro del liberalmoralista) come se ci fosse un nesso tra l’essere assassina e postare su Facebook foto sexy.
Come se il metro di giudizio di una donna dipendesse ancora dalla sua moralità sessuale. Allora che potremmo dire di Annamaria Franzoni che è una madre invece è un’assasina o del recente caso di cronaca che vede come vittima un ragazzo, sfigurato dalla sua ex per la sola colpa di essersi innamorato di un altra donna e di averla lasciata. La stampa ovviamente insiste sul fatto che lei era incinta, era madre, come se le madri fossero tutte buone per natura e come se avessero questo dono biologico della bontà materna.
Perché nell’opinione pubblica una donna che viene mollata incinta si dice “fregata” come anche accade nel mio paese quando una ragazza viene lasciata e ha un bambino in grembo oltre agli epiteti negativi che vanno dal “troia al puttana”.
Stereotipi sessisti, ecco, gabbie. Come se una donna non potesse crescere un bambino senza un padre accanto, pena l’onore o come se tutti gli uomini che lasciano una donna fossero bastardi che non gliene fregava nulla della donna che avevano accanto ma volevano divertirsi. Sappiamo che non è sempre così, c’è caso e caso.
Emerge il ruolo del padre riparatore, (ne parlavamo su fas), quello che per forza non può sottrarsi al ruolo di padre impostogli per riparare chissà quale onore, quello che arma le mani alla donna che si sente “fregata” o al familiare di lei. Delitti che hanno la stessa matrice culturale del femminicidio: la cultura nella quale crescono uomini e donne, rinchiusi all’interno di rigidi ruoli stereotipati.
Poi c’è l’uomo, perchè questo post io l’ho aperto per parlare di uomini, rinchiuso in gabbie sociali, uno dei tanti fallimenti di una società patriarcale nata per agevolare il sesso maschile, che in realtà danneggia anche loro, infatti la situazione dell’uomo mediterraneo sappiamo non è rosea su certi aspetti e crediamo che se stanno bene le donne stanno bene anche gli uomini.
Gli uomini che per non perdere l’immagine del maschio alfa non possono mostrarsi come il signore che per non far sentire suo figlio diverso, si mette la gonna e lo porta a passeggio in città sfidando i pregiudizi sociali contro l’omosessualità. Perchè la virilità come ce l’hanno insegnata è anche sinonimo di coraggio; coraggio che anche qui emerge ma viene svilito perchè lui si veste da donna;
L’uomo non può piangere, perché piangere è sinonimo di debolezza. Eppure gli uomini piangono, come tutti gli umani, ma lo fanno in silenzio. Bisogna insegnare che è sbagliato impedire ad un essere umano delle emozioni, delle pulsioni;
L’uomo deve mostrare un interesse esageratamente amplificato per il sesso, di donne non per il soddisfacimento sessuale ma per non dimostrare a qualcuno di essere gay. Quasi come fosse un dovere. Questo genera forte frustrazione quando poi devono fare i conti con una realtà che è ben diversa dall’idealizzazione della mascolinità dei film porno. L’ansia da prestazione è una delle cause di una società che non assicura libertà sessuale fuori dai canoni che impongono di recitare alcuni ruoli, un pò come la repressione sessuale che subiscono molte donne che sono una delle cause della frigidità e delle inibizioni;
L’uomo deve essere sempre forte fisicamente se no diventa bersaglio facile del feroce bullismo che porta a gravi ripercussioni quando questo accade in età di sviluppo;
L’uomo dev’essere sboccato, sfrontato e deve avere tanti soldi, solo così avrà belle donne e successo personale. Altro stereotipo che indebolisce l’autostima maschile.
Di stereotipi sugli uomini ce ne sono tantissimi. Vorrei aprire un dibattito su come si sente un uomo in relazione ad essi e se la rappresentazione maschile o femminile sui media svilisce la sessualità maschile. Sto raccogliendo testimonianze sulla mascolinità per poter lavorare ad un progetto.