E’ di questi giorni la storica apertura degli Stati Uniti al pensiero gender.
E’ solo questione di tempo e tutto il mondo occidentale accetterà di fatto una idea nuova di famiglia, di figli, di paternità e di maternità.
Davanti alla storia che chiede cambiamenti il pensiero dei singoli ha poca rilevanza, ed i singoli sono chiamati ad adeguarsi a quello che sembra una volontà ferrea di una intera società in mutazione.
Solo il tempo racconterà le implicazioni, le novità, le complicazioni, le difficoltà e gli errori che ogni Cambiamento significativo porta con sè, un cambiamento che oggi non è più possibile fermare, credo non sia più nemmeno corretto ostacolare.
Ma allora come ci si può conciliare tutto questo con quello che sembra presentarsi e rimanere come un essere fuori tempo, fuori moda, fuori tutto?
Personalmente continuo a credere che la famiglia normale debba essere costituita da un padre, una madre e via discorrendo; come anche credo che anche le famiglie non normali debbano avere i loro diritti garantiti, nel nome di un amore che si vuole dichiarare senza sesso e dunque senza imposizioni di sorta.
A causa di questa uguaglianza di diritti da tutelarsi, le famiglie non possono essere classificate però (come io non riesco a fare) tra l’essere nella norma e l’esser fuori della norma, e dunque la società e le leggi procederanno affinchè questa distinzione di parte che viene tacciata di omofobia, non possa avere la meglio e causare discrimini, come è sempre accaduto nel passato.
Nelle scuole si insegnerà per decreto, ossia per programma ministeriale, il pensiero gender e ci saranno notevoli conseguenze e modifiche nell’educazione e nello sviluppo della pedagogia condivisa, da come è stata ad oggi intesa e progettata.
Questo comporterà tutto un ciclo di formazione rivolta ai docenti ed in parte anche alle famiglie che dovranno prepararsi a questa importante esigenza collettiva.
Non solo, questo mutamento comporterà decine d’anni di assestamento, durante i quali accadranno cose nuove e non prevedibili, ma del tutto legittime.
Coloro che si rifiuteranno di accettare questa presunta ideologia, dovranno in qualche modo adattarsi pena il loro allontanamento dalla scuola pubblica, oppure in alternativa rifugiarsi nelle scuole private e cosiddette confessionali.
Di sicuro si va anche ad ingrandire il gap che già esiste tra la laicissima cultura occidentale e la lontanissima cultura orientale araba, che rimane nelle sue maglie più incontrollate ed oscure profondamente teocratica, e visto il già dilagante terrorismo islamico, i folli della jiadh aggiungeranno anche questo tassello alla loro violenza (è il normale prezzo richiesto a chi si ritiene essere avanti nello sviluppo e nel progresso).
Per concludere, credo che ogni paese dovrebbe proporre un referendum al suo popolo, chiamato a rispondere nelle urne con un parere favorevole o sfavorevole.
Solo questo referendum giustificherebbe e permetterebbe agli occhi di tutti l’accettazione e l’effettivo normamento di questa nuova idea di famiglia. Così come si fece per il divorzio e per l’aborto.
Potrebbe sembrare un passaggio forzato o discriminatorio, ma visto che la materia è imponente e profonda, quale procedura migliore di detto trasparente e democratico agire politico?
Visto che la verità sulla questione non può essere dettata con leggerezza nè da una minoranza che si vorrebbe imporre, nè da una presunta e forse non esistente maggioranza che chiederebbe l’immobilismo di fatto, che referendum sia.