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#GliAgentiRaccontano: Thierry Henry, da Titì a The King.

Creato il 10 dicembre 2015 da Agentianonimi

 “Vicino a Parigi gioca un ragazzino che promette molto bene, l’ho visto giocare contro mio figlio e ha numeri incredibili!” questa fu la conversazione tra Arsene Wenger e un suo fidato amico. Parlano di un ragazzino francese di Les Ulis, piccola località nella periferia di Parigi, che ha la mamma originaria della Martinica e il papà della Guadalupa. Il suo nome è Thierry Daniel Henry, soprannominato Titì. A 13 anni gioca nella squadra della cittadina dove è nato e ha grandi doti: velocità, dribbling e un tiro potente, tutte le caratteristiche che dovrebbe avere un attaccante con la A maiuscola.

E’ ancora troppo giovane e acerbo per le giovanili del Monaco, squadra allenata dal tecnico francese, e per evitare di bruciarlo, viene mandato prima a Viry-Châtillon e poi al centro tecnico della federazione francese di Clairefontaine, situato proprio nella capitale francese. Dopo due anni, raggiunti i 16, Henry vede finalmente aprirsi le porte del grande calcio, approdando nelle giovanili del Monaco.

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Passa il primo biennio incantando nelle giovanili con gol e numeri d’alta scuola, arrivando spesso alla convocazione in prima squadra e concludendo col debutto nel 1994 in un match di Coppa di Francia. Con l’addio del maestro Wenger e la folta concorrenza in attacco, il giovane attaccante fatica a ritagliarsi uno spazio importante nei monegaschi, fino alla stagione 1996. Schierato al fianco dell’amico Davide Trezeguet, porta alla luce tutto il suo immenso talento che aiuterà la squadra a vincere ila Ligue1. La stagione successiva ottiene la meritata consacrazione a livello internazionale: con 7 centri è capocannoniere della ChampionsLeague, anche se il Monaco non riuscirà a qualificarsi per la Finale, e ottiene la prima convocazione in nazionale, dopo aver completamente stregato il tecnico Jacquet.

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Il Mondiale del 1998 vede il giovane Titì segnare 3 reti, risultando il capocannoniere della spedizione, nonostante fosse solo riserva dei mostri sacri Djorkaeff e Dugarry. Questa competizione lo portò ancora più in auge, tanto che il Gennaio successivo, passò alla Juventus per 75 milioni di franchi francesi. L’acquisto, seguito da Luciano Moggi in prima persona, fu voluto fortemente da Marcello Lippi per sostituire Alex Del Piero, appena infortunatosi al legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro e che vedeva la sua stagione essere già finita.

Seguì una stagione non esaltante sia per il calciatore che per i bianconeri: esonerato Lippi, gli subentrò Ancelotti, il quale non ottenne i risultati sperati e concluse il campionato in settima posizione e sfiorando la finale di Champions League. Henry scenderà in campo 16 volte, finendo sul tabellino dei marcatori solo 3 volte e non riuscendo ad esaltare il popolo bianconero con le sue giocate. A sorpresa, nell’agosto del 1999, venne ceduto all’Arsenal per 10 milioni di sterline.

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Da Titì a The King

L’Arsenal è una delle squadre principali di Londra, appartiene alla storia della città, è fondato dai produttori di armi dell’impero britannico, e del calcio ed è stata storicamente una delle realtà più importanti per le popolazioni operaie della capitale britannica. Il giovane Titì, arrivato quasi da mezzo sconosciuto, riuscirà a compiere la scalata al grande calcio e arrivare ad essere “The King”, che ovviamente in Gran Bretagna, ha un peso non da poco…

Ad attenderlo sulla panchina dei Gunners c’è il suo maestro Arsene Wenger, che lo ha voluto a tutti i costi, vista la sua prematura partenza dal Principato e bisognoso di veder esplodere quel talento che ha coltivato per oltre 5 anni. Oltre a questo c’era l’assoluta necessità di sostituire Nicolas Anelka, passato al Real Madrid, con una prima punta che gli permettesse di fare un enorme salto di qualità, tentando anche di migliorare il Double(FA Cup e Premier) conquistato nella stagione 1998/99.

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Un inizio tentennate, fu seguito da una stagione da protagonista: con 26 gol e 11 assist in 48 presenze, risultando il giocatore più decisivo della squadra, insieme ai pilastri Ljungberg, Overmars, Suker e Bergkamp. La stagione si concluderà con un settimo posto e una finale di coppa Uefa, dopo l’eliminazione in CL, persa in quel di Copenhaghen contro il Galatasaray ai rigori. Nonostante il finale amaro, sarà addolcito il luglio seguente: la notte del 2 luglio 2000, al De Kuip di Rotterdam, in Olanda, la Francia conquista l’europeo di calcio, solamente due anni dopo essere saliti sul tetto del mondo, in una finale che noi italiani ricordiamo bene, purtroppo…

Da questa stagione inizia la scalata alla vetta del calcio che conta… La vittoria di Premier League, 2 volte, e le 2 FA Cup conquistate dalla squadra inglese vedono il loro attaccante, diventato un idolo per tutta la tifoseria, protagonista indiscusso arrivando a vincere addirittura 2 Scarpa D’Oro(2004 e 2005) e raggiungendo l’apice della sua avventura londinese nella stagione 2005/06. In quell’anno, l’Arsenal accarezzò il sogno di aggiudicarsi la Champions League, che sarebbe stata la prima nella storia, ma purtroppo perse la finale contro il primordiale Barcellona delle meraviglie di oggi, dove Iniesta e Messi erano ancora delle giovani speranze e in panchina c’era Rijkaard.

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Al termine della stagione successiva Titì, ormai diventato The King per i suoi tifosi, lasciò, molto a malincuore, la società e quelle persone che lo avevano seguito e sostenuto negli ultimi anni all’Highbury, prima, e all’Emirates Stadium ora. Già perché nel frattempo l’Arsenal ha cambiato casa: abbandonato il vecchio stadio, costruito nel 1909, i Gunners si sono trasferiti al nuovo e più funzionale Emirates, a pochi passi dal vecchio impianto.

Dopo 8 lunghi ed emozionanti anni, Henry decise di accettare l’offerta del Barcellona. 24 milioni di euro agli inglesi, e circa 8 per 4 anni al francese. Fu un addio doloroso e non facile, dovuto principalmente a continui dissidi con la proprietà che volevano cacciare sia Wenger che l’allora vicepresidente Dein, figure alle quali il calciatore aveva legato molto e riteneva fondamentale la loro presenza per il continuo della sua carriera a Londra. Ad attenderlo in Catalogna, una squadra di campioni, tra cui Ronaldinho, Eto’o, Puyol, Thuram e Xavi, pronti a dare continuità agli ottimi risultati ottenuti da Rijkaard nelle ultime stagioni.

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Nel periodo spagnolo fatica ad imporsi come vero leader della squadra, nonostante metta a segno 49 gol in 121 partite raggiungendo, insieme ad Eto’o e Messi, il record come tridente più prolifico della storia della Liga, mettendo a segno ben 72 gol complessivi nella stagione 2008/2009, detenuto dal trio Puscas-DiStefano-DelSol dal 1961. La crescita esponenziale del talento di Rosario, insieme all’esplosione di Pedro e l’arrivo di Zlatan Ibrahimovic, fecero sì che le presenze dell’attaccante ex-Monaco si riducessero all’osso, nonostante arrivarono le vittorie in Liga e, finalmente, in Champions.

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Nel Luglio 2010 Thierry Henry passa ai NewYork RedBulls, squadra degli USA e della Mls.

Il cimitero degli elefanti e il sapore, breve, del ritorno…

 Come tanti campioni nella storia dello sport più bello e praticato al mondo, arriva il momento di chiudere col calcio che conta, e prodigarsi in nuove avventure più esotiche e finanziariamente vantaggiose, Henry decise di navigare verso il “nuovo Mondo” della sfera di cuoio: gli Stati Uniti D’America. Già, perché gli statunitensi stanno investendo massicciamente sul soccer tanto da attrarre le star europee a fine carriera: iniziò Pelè negli anni ’70, passando per Crujiff e David Beckham, e l’intero movimento ne sta beneficiando anche dal punto di vista finanziario e di popolarità.

Nel paese a stelle e strisce delizia i palati, c’è da essere sinceri, molto ruvidi dei tifosi, mettendo a segno 52 gol in 135 presenze, arrivando al primato nel girone di regular season e alla semifinale per la conquista del titolo MLS nella stagione 2014. Notate, l’anno non è preceduto da un 13 e non è seguito da un 15. Il perché? Negli USA, quasi la totalità delle federazioni sportive utilizza calendario definiti sull’anno solare, per cui i campionati hanno inizio a Marzo e finiscono a Dicembre, così come la Major League Soccer.

Questo spiega il grande ritorno che fece The King: nel gennaio 2011 tornò a Londra solo per allenarsi in vista della nuova stagione in America, e arrivare pronto all’inizio della preparazione, prevista per Febbraio; l’anno successivo, invece, si trasferì in prestito ai Gunners. Nonostante il trasferimento fosse solamente di un mese, i tifosi dei Cannonieri rivissero i grandi momenti passati insieme e trattarono il loro grande campione come se tutti quegli anni non fossero passati. Riuscì a segnare 2 gol in 7 presenze, e subentrò anche in Champions League contro il Milan nel match degli Ottavi.

Uno uomo diventato leggenda nella Londra che tifa Gunners e non solo. Un ragazzo capace di vincere ogni titolo possibile su questo pianeta con una classe pura, limpida e cristallina. Vogliamo lasciarvi con un dato, anche se forse i freddi numeri non possono rendere davvero l’idea della grandezza del personaggio in questione. Con la casacca biancorossa dell’Arsenal Henry segnò 228 gol in 377 partite. Il suo ricordo e le sue gesta hanno segnato in maniera indissolubile la storia del club londinese. La sua classica esultanza, scivolata sulle ginocchia sotto la curva, non lascerà mai lo stadio dei Gunners.

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A cura di Gianluca Zanfi e Vito Lecce


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