World Newsmedia Research Group, associazione mondiale no profit di ricerca strategica sui media, con il supporto dell’ European Publishers Council, della FIPP e di Vislink, ha rilasciato pochi giorni fa “The Global Digital Media Trendbook 2012″, ricerca giunta alla settima edizione sulle tendenze, le evoluzioni dei digital media a livello globale.
Il rapporto conclusivo può essere acquistato a 300 € mentre la sintesi dei risultati principali è disponibile gratuitamente facendone richiesta per mail.
Al di là di tendenze già note, a cominciare dal calo degli investimenti pubblicitari su quotidiani e periodici e della forte crescita dell’advertising online, della quale però l’industria dell’informazione beneficia solo in minima parte, si evidenzia una fortissima concentrazione, ancora una volta, del mercato pubblicitario con 10 nazioni, tra le quali seppur all’ultimo posto figura anche l’Italia, che rappresentano il 72,7% di tutti gli investimenti in advertising ed il resto del mondo a solo il 27,3%.
Altrettanta concentrazione per l’advertising online [search inclusa], come già emergeva dal rapporto annuale realizzato da PEW Research Center’s Project for Excellence in Journalism: “State of the News Media 2012″, con le prime 5 aziende che raccolgono ben il 67,7% del totale degli investimenti pubblicitari online tra le quali Google pesa da solo ben il 40,6%. Valori in gioco che spiegano sia la guerra degli editori contro l’azienda di Mountain View che una parte delle difficoltà a ottenere ricavi significativi dal Web per l’industria dell’informazione.
Minore la concentrazione nella sola categoria display dove i primi 5 pesano il 47,4% del totale con Facebook e Google che detengono rispettivamente il 14% ed il 13,8%.
In Europa nel 2011 i video pesavano il 44% del totale della raccolta pubblicitaria online, i social network il 37% e il mobile il 18%. Secondo quanto pubblicato nel rapporto gli investimenti sul mobile dovrebbe crescere in maniera esponenziale raggiungendo nel 2015 una quota del 29%, crescita quasi tutta a scapito dei social network. Non a caso Facebook ha cominciato a risalire in borsa dopo aver annunciato di aver iniziato a testare una sua piattaforma per la pubblicità su mobile.
Per quanto riguarda specificatamente l’Italia il valore dei servizi acquistati da mobile dovrebbe crescere dai 160 milioni di dollari del 2011 ai 681 del 2015; una previsione forse eccessivamente ottimistica visto che, come evidenzia il rapporto stesso, siamo il Paese che, dopo la Spagna, ha il minor livello di downloads delle app per tablet e smartphones sia a pagamento che gratuite. Ipotesi che parrebbe confermata anche dall’incidenza di solo il 34% dei possessori di smartphones che in Italia accedono ad Internet quotidianamente da questo mezzo, da questo device.
Infine, nelle 25 nazioni prese in esame dalla ricerca le attività più comunemente svolte online sembrano essere la visione di video, l’utilizzo di posta elettronica e l’acquisto di prodotti, un’attività quest’ultima che, seppure in forte sviluppo, non riguarda certo l’Italia. Gli aggregatori, anche se il dato non è recentissimo, sono ancora appannaggio di una ristretta fascia di utenti.
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