L’oggettività in musica non esiste. Un’affermazione all’apparenza lapalissiana eppure spesso contrastata da chi vorrebbe applicarle precisi parametri di giudizio, quali la complessità dell’esecuzione, la ricchezza degli arrangiamenti e il loro seguire dettami armonici da manuale didattico. Per nostra fortuna qualcuno un giorno ha deciso di sovvertire quest’ordine e d’incorporare nella sua produzione anche ciò che comunemente veniva considerato brutto o, peggio, sbagliato, per cui di solito scartato all’interno del processo compositivo e dalle registrazioni in studio. Impossibile fare un riassunto di quante e quali correnti abbiano da tempo cambiato le regole del gioco in quasi ogni genere e stile, basti qui ricordare come metal, punk e industrial siano sempre stati generi predisposti a incorporare questi elementi, a volte persino considerandoli fondanti per la loro stessa evoluzione, ricorrendo a distorsioni, urla, note dissonanti, veri e propri stravolgimenti dei concetti stessi di armonia e melodia. Tra coloro che hanno dato una spinta al processo in campo metal non possono essere trascurati O.L.D. e Khanate, gruppi che vedevano in azione il vocalist Alan Dubin, responsabili di aver corrotto le menti di parecchie migliaia di ascoltatori e futuri musicisti in tutto il mondo. Gli Gnaw (già autori nel 2009 dell’album This Face) rappresentano la nuova creatura di Alan, cui si sono uniti compagni di viaggio a loro volta impegnati nel lavorare il suono come materia prima da cui estrarre nuove forme e di cui forzare limiti e cliché. Non a caso, al di fuori della band questi signori sono impegnati in attività legate alle sonorizzazioni per cinema e tv, a dimostrare come proprio la conoscenza e la familiarità con la musica (aggiungeremmo, a livello professionale) possa rappresentare punto di partenza privilegiato per dedicarsi alla sua dissezione e manipolazione, a dispetto dell’irrigidimento e dell’approccio conservatore che in genere si collega all’aumento della preparazione specifica. Per Horrible Chamber la band ha deciso di superare nuovi limiti con la creazione di un luogo in cui condensare paure e senso di disagio, una stanza orribile – appunto – in cui stipare con taglio cinematografico suoni e rumori capaci di interagire con l’ascoltatore e spingerlo in una sorta di malessere indotto. Non un vero e proprio concept, piuttosto un tunnel dell’orrore da attraversare secondo un percorso ben preciso e in grado di convogliare al suo interno vari linguaggi estremi (dall’industrial al metal) per dar vita a una creatura tanto insofferente a definizioni e gabbie di genere, quanto destinata a mettere alla prova l’apertura mentale e il coraggio del pubblico. Per ottenere l’effetto voluto, Alan Dubin, Brian Beatrice, Carter Thornton, Eric Neuser e Jun Mizumachi, con il contributo dell’originario batterista Jamie Sykes, si sono ritrovati a operare su molteplici strati di suoni sovrapposti e costretti a interagire. Lavoro svolto con una cura a dir poco maniacale sui singoli dettagli, ma con una visione d’insieme, in modo non inficiare l’impatto del tutto: una meticolosità che rischia addirittura di perdersi proprio per l’effetto che l’insieme produce sull’ascoltatore e per le sensazioni che le tracce riescono a trasmettere. Inutile dire che non si tratta di un album di facile ascolto o per tutti, ma di un vero e proprio banchetto luculliano per chiunque abbia la voglia (e la preparazione) per affrontare una simile sfida. Inutile, come si diceva in apertura, tentare di dare un giudizio o valutare con parametri usuali, visto che mai come in questo caso tutto dipende dal modo in cui i suoni di Horrible Chamber andranno ad interagire con l’umore e la personalità dell’ascoltatore. Come si diceva una volta: a ciascuno il suo.
Tracklist
01. Humming
02. Of Embers
03. Water Rite
04. Worm
05. Widowkeeper
06. Vulture
07. This Horrible Chamber