di Damiano Battistoni
“Gnothi seautón, Conosci te stesso”
(da Come nuvole dentro il mare, di Damiano Battistoni, da Lulu.com)
Il Tempio di Apollo a Delfi (da oltre-la-notte.blogspot.it)
Per mezza vita ho creduto di essere più un uomo d’istinto che un uomo di pensiero.
“Conosci te stesso” (Γνῶθι σεαυτόν, Gnothi seautón), era la massima scritta sul frontone del tempio di Delfi, nell’antica Grecia… Davvero giungervi può essere un bene?
Ricordo di aver letto una storia di un Re. Un Re cieco, per l’esattezza. Ma nonostante tutto era sempre statoun Re felice: per le ricche vesti con cui si adornava, per avere in sposa la più bella consorte che mai uomo avesse potuto desiderare e per lo sfarzo del suo castello. Un giorno un mago chiese e ottenne ospitalità presso la sua dimora. Riconoscente, guarirà il Re dalla sua cecità. È così che il Re, di colpo, scoprì di essere vestito di stracci sposato a una donna bruttissima e di vivere in un rudere. Immediatamente ordinò al mago di ridargli la cecità, e subito dopo lo fece uccidere dalle sue guardie.
Da piccolo ricordo che ero molto più sensibile degli altri miei coetanei. Non mi riconoscevo in questi, come essi in me, e per questo mi emarginavano. Capivo che non era tutta colpa loro, ma neanche mia, e soffrivo per questo. Già da allora non amavo il gruppo. Nel gruppo, presto scoprii, come in ogni individuo, era sempre il peggio a venir fuori. Per questo cominciai ad amare la solitudine, al massimo uno o due (scelti) amici.
Avevo dieci anni d’età, quando i miei genitori si separarono.
Ho vissuto sia con mia madre che con mio padre, ma niente: entrambi erano troppo presi dalle loro esistenze, impegnati a ricostruirsi una nuova vita, per curarsi della mia. Fu in quel periodo che iniziai a scrivere.
Poi il mio sogno fu di diventare un campione di calcio. E ancora oggi mi dico che non fu certo un caso che scelsi il ruolo più singolare di quello sport: il portiere, appunto. Per anni, dall’età di undici anni, mi sono dedicato al gioco del calcio. Anima e corpo. Per me non esisteva altro. Vivevo di solo pane e pallone. Avessi potuto, ci sarei andato pure a dormire, con la divisa da calcio e i guanti da portiere infilati.
Mio padre aveva una libreria stracolma di libri (anche se mai l’ho visto leggere una sola volta; neppure sfogliare). Un giorno, per caso o curiosità, o per semplice noia, aprii un libro: mi aveva attirato per i colori sgargianti della copertina. Prima iniziai a sfogliarlo, distrattamente; poi, presi a leggerlo: Quo Vadis. Ne fui subito rapito. Fu da quel fatidico giorno, che piano piano, mi appassionai alla lettura.Per me la lettura è stata come il mago per quel Re. Un dì mi ha aperto gli occhi, ampliato l’anima e, per merito o per colpa, in un attimo ha fatto sì che mi vedessi. Solo, non avrei mai potuto comportarmi come il Re della fiaba: amo troppo i Libri. Più volentieri me la sarei presa con me stesso.
Avevo 33 anni ed era da poco che avevo intensificato e sempre più mirato la mia passione per la lettura. Mi appassionava soprattutto la filosofia in generale. Lo ricordo bene, forse per l’età emblematica in se stessa. Fu allora che per la prima volta mi vidi all’improvviso per quello che realmente ero. Ma soprattutto mi resi conto che non ero la persona che ero stata fino ad allora: ero stato senza però essere mai stato, realmente… Fu un colpo terribile. E fu ancor peggio quando, più tardi, smarrito e terrorizzato, mi interrogavo se alla fine, in quel preciso momento, sapessi chi veramente ero. Oppure, un domani, avrei potuto vivere la stessa dolorosa esperienza, e scoprire (ancora?) di esser tutta un’altra persona?
Vedo il libro come il mare, quando lo guardo aperto, con le due pile di pagine dischiuse ad arco, mi sembra di sentire il rumore delle onde che si infrangono sulla riva. Che buono e inconfondibile odore ha il mare… Ma non è per la sua superficie che ho imparato ad apprezzarlo; lo amo per le sue profondità. Quante e immense e imprevedibili ricchezze vi si possono trovare!
Solo che alle volte, leggere, leggere molto, può “far male”. Leggere t’insegna, t’insegna a porti delle domande. Impari a pensare. A non prendere tutto e sempre alla leggera, a dare tutto per scontato. Di colpo puoi arrivare semplicemente a capire e vedere cose che prima neanche immaginavi. Come “te stesso”, appunto.
Ed è quello che a 33 anni mi è accaduto.
Di colpo, la persona che perplessa mi guardava dallo specchio, non era quella che avevo pensato di essere.
Per anni mi ero creduto un uomo d’istinto, mentre invece ero sempre stato un uomo di pensiero.
da alessandromoschini.blogspot.it
Ancora oggi, se vado indietro nel tempo, posso confermare che è sempre stato così. Peccato, non averlo potuto capire prima; non aver avuto mai nessuno vicino, che magari mi aiutasse, a vedermi. Avevo appena scorto un fanciullo, un fanciullo con una tremenda fame d’amore, d’amore e d’identità; e il calcio (almeno) in quel momento riusciva, anche se in parte, a colmare quel vuoto che stava dentro di me. Il brutto è che per amore del pallone abbandonai presto la scuola, gli studi. Per scoprire troppo tardi quanto invece amassi lo studio e la cultura in genere. Per finire troppo presto nel mondo del lavoro.
Dal giorno della mia presa di coscienza, accadde un evento incredibile: un maledetto bambino prese alloggio in me. Forse vi aveva sempre abitato, solo che io fino allora non me ne ero mai reso conto. Non faceva che piangere… Era il colmo! Ero io! Ma ero grande!
Per giunta, c’erano giorni in cui la sua disperazione era tale che mi sembrava che con le sue piccole unghie grattasse contro le pareti del mio stomaco. Credevo d’impazzire. Ma continuavo a ripetermi che alla fine avrebbe smesso. Tutto passa, prima o poi, O almeno così ero convinto.
Finché un mattino venne un nuovo mattino. Solo che non era il solito mattino. Solo che io allora non sapevo ancora quello che mi avrebbe atteso. Sapevo soltanto che finalmente avevo dormito, e per tutta la notte, come non facevo più da tanto tempo. La sera, prima di addormentarmi, avevo semplicemente deciso (?!) di farla finita con quel frignone che viveva dentro di me, e una volta per tutte. In che modo? La cosa folle era che non sapevo come lo avrei finalmente zittito. Ma l’aver semplicemente pensato: “Eliminato lui, eliminati tutti i miei problemi”, mi fece scorrere nuova linfa nelle vene.
Sì, quella mattina mi alzai davvero bene; fresco e leggero come era da tempo che non mi accadeva. Andai a lavorare… mangiai, e respirai regolarmente; e tante e altre cose feci, senza che per un solo secondo avvertissi quell’assillante e terrificante presenza dentro di me.
Pareva che niente mi potesse più toccare. Tant’è vero che la sera, quando ritornai dal lavoro e mi accorsi di aver smarrito il portafogli, non me ne preoccupai minimamente. Andai a letto con l’unico pensiero di addormentarmi nel più profondo dei sonni, finalmente.
Durante la notte mi alzai e, quatto quatto, presi a girovagare per la casa come un automa. Finché non mi ritrovai fuori casa, dentro il box, dove era parcheggiata la mia vecchia auto.
SORPRESA! Ai piedi della macchina, il mio portafoglio. Era lì, a terra, come un libro aperto. E così, dischiuso, da una sua pagina spiccava una foto di Davide, il mio piccolo bambino: sorridente e fiducioso, mi guardava. Un vero colpo, e che colpo…
Fu come se improvvisamente mi fossi svegliato. E piansi.
da www.ilquintuplo.it
Il giorno dopo mi svegliai febbricitante.
È proprio vero: i bambini sono come Angeli, e quella notte Davide, quel cucciolo d’uomo, fu il mio Angelo. Mi aiutò a comprendere come un grande potesse essere “piccolo”, egoista ed egocentrico; mi rammentai dell’impegno che avevo preso con lui, in quanto padre, e della promessa di scrivere per lui un libro.
Ma soprattutto mi ha insegnato che quel bambino interiore non andava allontanato, no… Casomai capito, assecondato, vezzeggiato. E dovevo permettere anche a lui, ogni tanto, di uscire fuori… E qualche volta lasciarlo piangere, se proprio ne avesse avuto voglia. E perché no, sognare che io stesso potessi imparare la difficile arte dello scrivere, nonostante il pensiero, che ancora oggi mi frena ogni volta che chiudo un buon libro, che a scrivere siamo in tanti ma a esserne capaci sono davvero in pochi.
E nonostante ci siano giorni in cui mi sento come quel piede che ancora non ha trovato la giusta calzatura, per lo meno ora ho appreso che bisogna sempre guardarsi intorno, perché non ci siamo solo noi a questo mondo; e, anche se scalzo, di nuovo riesco ad andare.
Credo nell’importanza del parlare, del parlarci soprattutto. Perciò è nato questo libro. Per il desiderio di donare Parole, ma non le solite parole, ma Parole che POSSANO restare.
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Damiano Battistoni vive a Lucca. Come nuvole dentro il mare era precedentemente (2007) uscito con Mauro Baroni Editore col titolo di Vivere, ma poi è stato ripubblicato su Lulu con il titolo attuale. Nel 2007 si è classificato al 1° posto nella sezione Narrativa Edita della 3ª Edizione del Premio Letterario Circe (Monterotondo, Roma). Tutto il lavoro, facente parte di racconti e poesie, è legato da un unico invisibile filo: il Mito della Caverna platonico, in quanto intrinseco invito ad abbandonare il Buio, l’Ombra, per conoscere il Sé. Dello stesso autore, Il volo, sempre disponibile su Lulu. Se nel primo libro il tema di fondo era “Conosci te stesso”, qui diventa “Sii te stesso”.
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