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Godzilla is love (!!spoiler alert!!)

Creato il 16 maggio 2014 da Irene_snapi @irene_snapi

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Di nuovo Godzilla. Un mito della mia infanzia: quello del 1998 aveva plagiato talmente me e i miei amichetti da farci giocare a fuggire dal mostro nel cortile delle elementari durante la ricreazione.

Certo, a un primo sguardo niente sembra diverso, lo stesso action-movie, la stessa carica, in definitiva un film di mero inutile intrattenimento.

Ma a guardare bene, le differenze con la versione di Emmerich ci sono, eccome. Innanzi tutto, il lucertolone non è un T-Rex natante che lo fa sembrare uscito da Jurassic Park ma un vero e proprio lucertolone, molto più somigliante a quello della versione originale del 1954, quella di Ishiro Honda, risposta giapponese ai deliri statunitensi di King Kong: anche i suoi poteri sono molto più simili all’originale, come quel raggio blu che gli esce dalle fauci.

La retorica che ci si aspetta da un film del genere, specie se made in the super-hollywood è la stessa che anni e anni di Emmerich ci ha insegnato: patria, famiglia, i valori della costituzione americana, di una nazione che salva il mondo intero sull’orlo di una catastrofe naturale per mezzo di un suo messo divino, più spesso incarnato in uomini dalle possenti braccia americane o in sfigati scienziati come Broderick nel già citato del ’98.

Qui non mancano questi elementi: c’è la famiglia, figlioletto e mogliettina indifesa ma lavoratrice (duplice figura della Binoche e della Olsen), cui l’eroe non ha neanche il tempo di dare due bacetti per via dell’incombente minaccia; c’è la patria, il sergente Brody protagonista è un marine specializzato in disinnescamento bombe che farebbe di tutto per salvare la sua adorata San Francisco. Eppure, nonostante la presenza di queste costanti, qualcosa non torna: i mostri sono tre, oltre al lucertolone del titolo ci sono due ragnetti chiamati Mutu, i parassiti di Godzilla, che si cibano di armi nucleari, misterioso impianto tra natura e tecnologia bellica, riescono a disattivare qualsiasi cosa elettronica gli si avvicini. Elettronici, appunto, non naturali. La risposta artificiale alla sovrannaturalità di Godzilla è ciò che rischia di mandare al tracollo l’intera America: non la natura, l’artificiosità (la prima città americana distrutta è guardacaso Las Vegas, città artificiale per eccellenza, sorta dal nulla in mezzo al deserto).

Godzilla is God, dice a un certo punto la scienziata, ed è questo che sembrano dirci anche gli sceneggiatori, in un delirio di disaster-movie combinato a retorica ambientalista e anti-uomo e anti-eroica: non è l’eroe (Taylor-Johson) che salva tutti, né tantomeno lo scienziato sfortunato (Bryan Cranston), è la Natura incarnata dal mostro, sua creatura, che ristabilisce l’ordine intaccato dall’essere umano con l’uso della forza nucleare.

Elementi riflessivi questi forse un po’ fuori luogo ma decisamente più intelligenti del semplicistico messaggio fascistoide “Viva l’America, nostra salvatrice” che lanciava il precedente film: non a caso il film si chiude con il telegiornale che titola “Viva Godzilla, il nostro salvatore”.

Concludo il delirio dicendo che, ancora una volta, il 3D è veramente inutile, e la soundtrack fa schifo.

https://www.youtube.com/watch?v=rx7uPbEcUvw


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