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Goethe muore, Thomas Bernhard, Adelphi

Creato il 24 gennaio 2013 da Atlantidelibri

 

troppi libri “carini” in giro, piacevoli, ma che non ricordi più dopo un mese dalla loro lettura! Per fortuna che ogni tanto si trovano autori capaci invece di annichilire il lettore, di distruggere miti e certezze, in cui ogni pagina (beh, la sua prosa ossessiva e senza punti non è semplicissima) è una conquista. Autori capaci di farsi ricordare, a distanza di tempo!
(e restiamo sempre in attesa di qualcuno che ripubblichi il magmatico Correzione, indegnamente English: REFLECTION Thomas Bernhard Bernhard h...

English: REFLECTION Thomas Bernhard Bernhard house (Obernatal Ohlsdorf) and photographer, taking the photo of a painting; Upper Austria Austria. Composerbook Austria Forum Deutsch: SPIEGELUNG Thomas Bernhard Bernhardhaus (Obernatal bei Ohlsdorf) und Fotograf, Aufnahme vom Foto eines Gemäldes; Oberösterreich Österreich. Autorenbuch Austria Forum (Photo credit: Wikipedia)

fuori catalogo!)

In libreria, Goethe muore, del grandioso Thomas Bernhard, un grandioso esempio della sua bravura!

Goethe muore,  Thomas Bernhard, Adelphi
Traduzione di Elisabetta Dell’Anna Ciancia

n questo piccolo gioiello c’è in nuce tutto Bernhard: qui si ride, ci si commuove e si pensa. Il racconto che dà l’irriverente titolo al volume vede il Titano, ormai allo scorcio della vita, in fase di bilanci: ha capito che la letteratura non conta nulla, e non gli resta che un unico desiderio: incontrare Wittgenstein. Lo convoca dunque a Weimar, innescando così una serie di esilaranti peripezie. Figura centrale nell’opera di Bernhard, Montaigne svetta nella seconda prosa, dove vediamo un giovane angariato rifugiarsi nella torre avita e trovare lì l’unica alternativa agli orrori della famiglia: i libri, e nella fattispecie i libri di Montaigne. Se la famiglia è il luogo del castigo, della reclusione, dell’odio, della distruzione psicofisica, la torre, la biblioteca, i filosofi offrono l’unica salvezza. Ilare e insieme straziante è anche il terzo racconto, in cui due amici si incrociano per caso in una stazione ferroviaria. Uno dei due si lascia andare a un continuo e trascinante «ti ricordi…?»: ed ecco risorgere l’infanzia e genitori sadici amanti della montagna che costringono la prole ad arrampicarsi a ora antelucana, bardata con calzettoni e berretti rossi (perché non sfuggano al soccorso alpino…). E se la madre, dispensatrice di ceffoni fisici e morali, suona sulla vetta la sua ridicola cetra, il padre affida a un album da disegno oscene vedute alpestri. A suggellare il congedo dai genitori sarà un grande falò di calzettoni rossi. E in un immane autodafé culmina l’ultima prosa, resoconto di un sogno apocalittico, in cui l’Austria cattolico-nazionalsocialista-antisemita va finalmente in fiamme: di quell’universo resterà soltanto un cumulo di ceneri. Salvo poi svegliarsi dal sogno in un felice altrove e accorgersi che quelle fiamme hanno risparmiato ciò che più conta: il ricordo.



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