Golden Globes 2014: una bellezza tra molti vincitori
Creato il 14 gennaio 2014 da Veripaccheri
Per una stagione
cinematografica che in Italia si è aperta all'insegna delle polemiche e
delle discussioni provocate da un cinema tutto sommato innocuo seppur
ben confezionato - parliamo di Paolo Virzì e del suo "Capitale umano"-
c'è ne un'altra che fatica a concludersi per le munifiche appendici
rappresentate dalle tappe di avvicinamento alla notte degli Oscar che di
fatto premierà buona parte dei film usciti nel 2013. Tra premi grandi e
piccoli il Golden Globe merita un occhio di riguardo rappresentando con il suo palmares l'indicatore più veritiero dei probabili vincitori del massimo premio.
Piu
ecumenico dell'Oscar, da cui lo differenzia una maggiore attenzione al
lato artistico, dovuta al fatto di non essere espressione indiretta
dell'industria hollywodiana ma il risultato delle votazioni della stampa
estera, il Golden Globe ha dalla sua parte un format che divide il cinema in due macrogeneri, prevedendo per ogni categoria (miglior attore, miglior film e così via)
un doppio vincitore, riferito contemporaneamente alla commedia ed al
dramma. Un modo per rivalutare registi ed attori del cinema più leggero,
statisticamente snobbati e costretti a ruoli di contorno, ed invece
qui, almeno per un giorno, elevati al medesimo rango dei colleghi più
"seri", quelli che quasi sempre finiscono per alzare la famosa statuetta.
Non stupisce quindi vedere Leonardo Di Caprio (The Wolf of Wall Street)
giunto al suo quinto film con Martin Scorsese, da lui definito cineasta tra i più grandi di sempre, premiato accanto a Matthew MacConaughey vincitore drammatico per il ruolo di un malato di aids (Dallas Buyers Club), ed assolutamente favorito per il rush finale da un interpretazione costruita a partire dall'evidenza fisica, così come Amy Adams,
miglior attrice di commedia per "American Hustle", a far da spalla alla
predestinata di turno, la bravissima Cate Blanchett di "Blue Jasmine".
Passando poi al premio più importante, quello di miglior film dell'annata l'ex equo incorona "Twelve Years a Slave" il grande deluso della serata, battuto sia nella categoria di miglior regia andato all'Alfonso Cuaron di "Gravity"
capace di fare breccia con una storia di pura suggestione, affidata
quasi interamente ad un unico personaggio (quello interpretato da Sandra
Bullock), che in quella di best actor con Chiwetel Ejiofor, destinato a rientrare prepotentemente in gioco per la politcal correctness dei giurati dell'Academy, ed appunto "American Hustle" di David O'Russel.
L'italia gioisce per il premio come miglior film straniero andato a "La grande bellezza", vincitore di una cinquina molto agguerrita, che però presentava tra le sue punte di diamante un capolavoro come "La vita di Adele" penalizzato dalla scabrosità del tema, ed un altro, "Il passato"
realizzato da un regista, Asghar Farhadi, ancora fresco di
celebrazioni. Al di là dei pareri
discordanti sulla vittoria di un film che aveva diviso fin dal giorno
della sua presentazione al festival di Cannes, c'è da dire che se quello
di Sorrentino non è il suo film migliore, certamente possiede la
mitologia giusta, con quel mix di decadenza e piacionismo, per far
digerire agli americani la particolarità dei contenuti. Ricordando che
da queste parti i premi funzionano spesso come leggittimazione di un
pregistigio costruito altrove. Possiamo essere dunque felici, ed
incominciare ad
incrociare le dita per una mitica doppietta. Il resto lo lasciamo a chi
ne ha voglia.
Potrebbero interessarti anche :