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Golfo di Fonseca, povertà e nazionalismo sul confine della discordia

Creato il 16 aprile 2013 da Eldorado

È calma tesa nel golfo di Fonseca. Le motovedette militari di tre differenti marine centroamericane stazionano in altrettanti punti strategici controllando lo scarso traffico marittimo composto quasi esclusivamente da malandati pescherecci e da piccole imbarcazioni. Lo fanno perché da un mese, questi 3200 chilometri quadrati di acque, isole e terraferma da secoli contesi, sono tornati ad essere motivo di cronaca per una nuova escalation sui diritti territoriali addotti dai paesi che se ne dividono la sovranità.

Una sguardo alle mappe ci insegna come il golfo di Fonseca –chiamato così da Andrés Niño in onore del vescovo Juan Rodríguez de Fonseca, primo coordinatore della politica coloniale spagnola nel Nuovo Mondo- è lo sbocco naturale dell’Honduras all’oceano Pacifico, una regione che a terra si caratterizza per una splendida riserva naturale ed in mare per una spezzettata frontiera. Tanto spezzettata che è periodicamente causa di reclami e pretese territoriali dei tre paesi che se ne spartiscono l’area, l’Honduras, El Salvador ed il Nicaragua. Se l’Honduras sta in mezzo, infatti, un pronunciato promontorio a nord, territorio salvadoregno, ed una lunga penisola a sud –la bellissima lingua di Cosiguina-, territorio nicaraguense, abbracciano il golfo e ne fanno un braccio di mare contestato e regolarmente percorso dalle marine militari.

Nel 1992, la Corte Internazionale dell’Aja aveva cercato di dirimere l’annosa questione tra i tre paesi centroamericani, reclami che datavano sin dall’indipendenza dalla corona spagnola. La risoluzione, al tempo, ha determinato i limiti territoriali e confermato la sovranità sulle isole principali: Zacatillo, Conchagua, Meanguera a El Salvador; Zacate Grande e Ascensión all’Honduras; Cosiguina al Nicaragua. Non ha però posto fine alla disputa che anno dopo anno torna ad agitare le cronache e la vita delle comunità di pescatori che vivono sul litorale e sulle isole. Il golfo di Fonseca è infatti il terreno favorito del nazionalismo e del populismo inalberati dai governi di turno, che appena si interessano invece degli endemici problemi che colpiscono la grande maggioranza degli abitanti della regione, povertà in testa. La nuova escalation nasce proprio dalla povertà e dalla necessità.

I pescatori honduregni, la cui porzione di mare è povera di pesce, partono di notte e tornano con la prima oscurità cercando di non essere intercettati dalle motovedette nicaraguensi. È un obbligo, il loro, perché il mare del lato dell’Honduras oggi offre poco o niente. Il rischio, però, è grosso. Nell’ultimo anno le autorità del Nicaragua hanno sequestrato decine di imbarcazioni che vanno a marcire nel porto di Corinto, perchè i pescatori non le possono riscattare a causa dell’alto prezzo delle multe.

Proprio in seguito alla recrudescenza dei controlli delle autorità dei paesi vicini è giunta puntuale la provocazione del presidente honduregno, Porfirio Lobo che, in una visita alla comunità dell’isola del Tigre, la più grande del golfo, ha dichiarato che, se fosse stato il caso avrebbe dato in appoggio ai pescatori gli aerei F-5 per aprirsi il passo ai banchi pescosi. Una provocazione, appunto, ma che ha suscitato le vibranti proteste dei vicini nicaraguensi e salvadoregni che hanno parlato di minacce militariste alle quali avrebbero risposto con altrettanta enfasi.

Lobo ha successivamente rettificato, dichiarando di essere stato volutamente offensivo per smuovere una situazione internazionale da tempo è stagnante e che costringe le popolazioni costiere ed isolane a passare penurie. Nel rispetto degli accordi, ovviamente e con la installazione di un tavolo di lavoro alla presenza di un’autorità sovranazionale che regoli l’ordine del giorno. Nessuna parola sul fatto che il mare honduregno è stato sfruttato per decenni e che il governo non ha mai ordinato periodi di veto, per fomentare la ripopolazione delle specie marine. Il risultato è oggi un oceano povero, dove anche la morfologia sottomarina (le acque sono poco profonde) istiga i pesci a cercare fondali più attrattivi.

La settimana scorsa il presidente honduregno si è incontrato con il collega nicaraguense Daniel Ortega, un incontro dal quale è sorta la promessa che i vertici delle Marine dei due paesi si riuniranno in tempi brevi per definire i meccanismi onde evitare che la tensione nel golfo continui a salire. Niente è successo, ovviamente. Alle parole dei politici non hanno fatto riscontro i fatti ed i sequestri delle imbarcazioni dei pescatori sono continuate durante tutta la settimana, in una sorta di rappresaglia che sta detenendo ogni attività nel golfo. Il ritornello è sempre lo stesso: nelle acque honduregne non c’è pesce, ma nè Nicaragua nè El Salvador sembrano disposte a cedere parte della loro sovranità per permettere ai loro vicini meno fortunati (e meno previdenti) di risolvere la loro crisi.

¨Noi obbediamo a questioni tattico-operative¨ ha dichiarato alla stampa Omar Halleslevens, oggi vicepresidente nicaraguense ma in passato Capo delle Forze Armate ¨gli accordi fondamentali dovranno farli i politici¨. Come a dire, insomma, che le confische continueranno, almeno fino a quando non esisterà la volontà politica di risolvere la questione.


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