GOLTZIUS AND THE PELICAN COMPANY di Peter Greenaway (2012)

Creato il 21 gennaio 2015 da Ifilms
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Scritto da Stefano Lorusso
Categoria principale: Le nostre recensioni
Categoria: Recensioni film in sala
Pubblicato: 21 Gennaio 2015

Qualche anno fa Peter Greenaway sosteneva, con la sprezzante sicumera tipica del suo carattere, che il cinema fosse morto. Aggiungeva che la data del trapasso era da collocarsi in concomitanza con l'invenzione non del televisore ma del telecomando. In tempi più recenti questa granitica convinzione sembra essersi in lui ammorbidita, tanto che il suo prossimo film, atteso a Berlino, sarà la rilettura dell'opera di uno dei padri della settima arte come Sergej Ejzenstejn. Mai comunque l'eccentrico cineasta inglese ha smesso di ripensare il linguaggio del suo cinema, trasformandolo sempre più in un vero e proprio ipertesto crossmediale, densissimo di rimandi, suggestioni, link a innumerevoli (e i numeri in Greenaway non sono mai cosa secondaria) ambiti dello scibile umano.

Muovendosi in una sorta di zona franca tra sguardo d'autore, sperimentalismo e videoarte, Greenaway ha giocato con le forme della rappresentazione fin dagli esordi del suo cinema. Goltzius and the Pelican Company, uscito nel 2012 ma solo a inizio 2015, dopo un passaggio in alcuni teatri della penisola, distribuito nelle sale italiane, rinnova con inesausta vitalità questa tendenza. E ci invita a perderci in un altro puzzle-labirinto audiovisivo realizzato nello stile inconfondibile del suo autore, ispirato stavolta alla figura dell'incisore olandese del 1500 Hendrick Goltzius.

In questo secondo tassello di un trittico di omaggio a grandi artisti figurativi olandesi, iniziato nel 2007 con Nightwatching dedicato a Rembrandt e da concludere nel 2016 con un film su Hieronymus Bosch, Greenaway torna al lungometraggio di finzione rielaborando molte delle costanti del suo cinema. L' erudizione enciclopedica e l'enumerazione per capitoli: la compagnia di Goltzius (Ramsey Nasr) inscena per il Margravio dell'Alsazia (F. Murray Abraham) sei episodi biblici, 5 tratti dall'Antico Testamento e uno dal Nuovo. Sul proscenio di corte si avvicendano i personaggi di Adamo ed Eva, Lot e le sue figlie, Davide e Betsabea, Giuseppe e la moglie di Potifar, Sansone e Dalila, Giovanni Battista e Salomè. La licenziosità e il gusto per la provocazione erotica: ad ogni episodio biblico Goltzius correla un tabù legato alla sessualità. Voyeurismo, incesto, adulterio, pedofilia, prostituzione e necrofilia sono via via rintracciati nelle pagine del Libro dei Libri dal divertito metteur en scène Greenaway-Goltzius, e celebrate con irridente spirito libertino e copioso dispiego di nudità.

L'intersezione di più forme di rappresentazione e linguaggi artistici: pittura e teatro si incontrano nella messinscena di Goltzius, che prima di ogni atto illustra personalmente a noi spettatori una breve antologia iconografica sulle modalità con cui i vari personaggi sono stati rappresentati nell'arte attraverso i secoli. Ognuno di questi elementi trova la sua collocazione dentro la cornice di un sofisticato impianto estetico barocco, che pur senza raggiungere lo splendore formale di altri film del regista, grazie ad un ampio uso dell'elaborazione digitale riesce a regalare molte sorprese.

Sebbene tanta stratificazione di contenuti lo renda di non facilissima ricezione, Goltzius come ogni film di Peter Greenaway ci concede quindi l'opportunità di esplorare un cinema radicalmente diverso da quello di ogni altro cineasta. Indicandoci direzioni sempre nuove verso cui avventurarci per espandere la nostra conoscenza e il nostro sguardo.

Voto 3/4

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