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Ho visto Song' e ' Napule pensando a Gomorra. Non molto tempo è trascorso da quando Berlusconi attaccava Saviano. Per colpa di persone come Saviano la mafia italiana è la più famosa nel mondo. E invece è solo terza nel mondo, diceva Berlusconi, non so se documentato una volta tanto. Il leader della destra italiana vestiva panni patriottici. Patriottici ed ambigui. In sintesi: i panni sporchi si lavano in famiglia. Naturalmente l'opposizione – diciamo la sinistra - aveva facile gioco a replicare. Non è Saviano, non è la sua denuncia la causa del discredito di una città o di un Paese. Chi vuole combattere il discredito, combatta la camorra, non Saviano. La cosa curiosa è che poi a Napoli la sinistra o almeno il sindaco De Magistris abbia attaccato la neoproduzione Sky Gomorra con argomenti analoghi a quelli di Berlusconi. Magari un tantino meno rozzi, ma insomma simili. “Napoli e Scampia non sono solo camorra; c'è ben altro.” E' vero: ci sono associazioni e parrocchie attive nel sociale e nella lotta alla camorra. Ma questo non cancella che la camorra ci sia e eserciti la sua egemonia. Rende più meritevoli di elogio quelli che contrastano il degrado in un contesto così difficile e che non si sentiranno offesi nella loro napolitanità ma piuttosto sostenuti da un cinema impietoso e militante. Perché, al netto del gioco delle parti per cui sempre i governi coglieranno il meglio e le opposizioni il peggio, le domande sono: 1.Qual è il saldo della denuncia nei suoi effetti riparatori e nei suoi effetti di discredito? 2.Possiamo chiedere ad un'opera d'arte (romanzo, film, etc.) di rappresentare per intero un oggetto, città o nazione che sia? E' descrivibile un oggetto, una città o altro nella sua interezza? All'uscita dal cinema dove ho visto Song e ' Napule, commedia di discreto successo di pubblico e critica, ho pensato davvero che i registi i fratelli Manetti avessero tentato l'impossibile operazione di rappresentare Napoli intera. In realtà sommando due Napoli. Un po' come quando Mentana (e non solo lui) avendo descritto qualcosa di orrendo di una qualche parte politica, aggiunge subito, con fare cosiddetto bipartisan, che però il leader della parte opposta da bambino ha rubato la marmellata. Il protagonista di Song e ' Napule, musicista per vocazione, trova nella polizia, manco a dirlo con l'aiuto del solito assessore, una sistemazione lavorativa. E trova anche l'occasione di esercitare la propria vocazione vera in un'operazione da infiltrato. Si candiderà nell'orchestra di un talento della nuova Napoli canora, quella del neo melodico Lollo Love per cui i giovani e Napoli impazziscono e si aggregano in emozioni condivise. L'orchestra e il mitico Lollo allieteranno la festa di matrimonio in cui sarà ospite l'irraggiungibile boss della camorra. Bene, il film descrive con leggerezza la cultura della banda musicale e del suo capo. L'ingresso del poliziotto musicista è come l'ingresso di un infiltrato in una banda di gangster: supponenza, arroganza e poi, superata la prova, la fratellanza. La banda musicale appare del tutto contigua culturalmente alla banda camorristica. Un po' come siamo abituati a sospettare per molti divi napoletani, calciatori o melodici che siano. E i supporter deliranti appaiono anch'essi contigui, se non altro per la dipendenza. Lo sguardo su Napoli appare quindi critico verso i suoi miti come verso lo sfascio urbanistico e le brutture dei locali con le insegne di plastica e alluminio anodizzato di pessimo design. Non è Gomorra, per lo sguardo leggero dei registi, ma è il contrario dell'apologia di Napoli. E' la conferma del suo degrado. Poi nel finale la svolta. Il cantante, che per l'intero film abbiamo sentito contiguo alla camorra, rivela al poliziotto musicista: “Ah, temevo fossi un camorrista infiltrato”. E benedice l'amore nascente fra la sorella e il poliziotto. Così la camorra diventa un dettaglio di Napoli. Così il film è diventato obiettivo? L'immagine di Napoli è salva? Direi proprio di no. E' un finale posticcio e consolatorio come una bella copertina su un volume unto e bisunto. Si possono fare film che esaltino la bellezza e l'umanità di Napoli. Ma nessun film può descrivere contemporaneamente l'inferno e il paradiso. Se tenta di farlo fa sbiadire l'uno e l'altro. E poi, come lo stesso Saviano ricorda oggi, i riflettori sulla camorra e sulla terra dei fuochi si sono dimostrati un antidoto al malaffare. Se è vero che a Casal di Principe torna dopo vent'anni un sindaco anticamorra come Renato Natale. Anche grazie a Gomorra e alla bella rappresentazione della bruttezza civile.
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