Che cosa si nasconde dentro la testa di Amy?
Quali pensieri nasconde dietro uno sguardo all'apparenza triste, dietro un aspetto perfetto, ricercato, sostenuto ma non per questo irraggiungibile?
Nick vorrebbe aprirglielo quel cervello, stenderlo davanti a sé così da carpirne finalmente i suoi segreti.
Fa paura come pensiero, fa paura.
Quando Amy scompare, allora, pensiamo subito che quel pensiero nasconda una colpa, una verità che si mantiene nascosta dietro la faccia da bravo ragazzo che non disdegna però di aprirsi in un sorriso fuori luogo, in un fare fin troppo amichevole, soprattutto con il sesso femminile.
Amy scompare nel nulla, lasciando un tavolino rotto, una chiazza di sangue malamente pulita, un mistero da risolvere.
L'opinione pubblica più che la polizia, la soluzione ce l'ha già: è stato Nick, è stato lui ad ucciderla e poi a nascondere il cadavere.
All'investigatrice Boney ci vorrà solo un po' di tempo in più per convincersene, aiutata da vere e proprie prove lasciate dalla stessa Amy, buste in rima di una caccia al tesoro mai iniziata.
Con gli attacchi dei media, con i giornalisti che -ahinoi- con queste storie ci vanno a nozze, noi stessi iniziamo a dubitare di Nick, vedendo in lui continui errori e affidandoci alle parole stesse di Amy, proviamo odio nei suoi confronti, paura.
Gone Girl non è però un giallo, non è la stigmatizzazione di un colpevole, ma un thriller di quelli potenti, che fanno rabbrividire.
La seconda parte mette in scena una verità a cui si fatica a credere, a un matrimonio in cui l'amore non aveva certo più posto, e dove invece si è insediata una vendetta.
Per una volta, quindi, il titolo italiano sembra quasi più azzeccato di quello originale: Gone Girl non è il semplice racconto di una donna scomparsa, di una ragazza che non ha lasciato tracce, è la storia di un matrimonio, di un amore, falso, bugiardo.
A caricare l'atmosfera da thriller, ci pensa poi una colonna sonora altamente raffinata e suggestiva composta da Trent Reznor e Atticus Ross, mentre la fotografia, tendente al grigio e allo spento, fa il resto.
Per quanto la regia del re mida David Fincher sappia il fatto suo, si deve però ammettere che a fare la differenza in Gone Girl, è la trama, è una storia avvolgente e potente. Il merito è quindi di Gillian Flynn, dal cui romanzo il film è tratto e a cui si è affidata anche la sceneggiatura, fatta di colpi di scena, sì, ma anche di frasi ad effetto e di situazioni che passano dalla commedia romantica alla psicologia più forte.
Ben Affleck in tutto questo si muove come sa muoversi lui, con uno sguardo spaesato e per lo più monoespressivo che per una volta si incarna bene nello sbigottimento di Nick.
A rubargli la scena è quindi Rosamund Pike, a cui con ogni probabilità qualche statuetta andrà, che con la sua Amy riesce a farsi amare, compatire, odiare e far terrorizzare.
Una prova da brividi la sua, come da brividi è la sua Amy.
Cosa si nasconde quindi nella sua testa?
Cosa si nasconde in una donna all'apparenza perfetta, amazing come la bambina che i suoi hanno utilizzato per arrivare al successo?
Cosa c'è dietro un matrimonio da favola, dove, almeno inizialmente, l'amore e il desiderio di non essere come gli altri, sembrava proteggere un rapporto tanto speciale?
David Fincher ce lo mostra, in una verità cruda e che fa male, non risparmiandoci sangue e violenze, in cui gli altri, l'opinione pubblica, i media, non sono tanto diversi da noi, pubblico, che questo matrimonio vediamo nascere e sgretolarsi, formandoci man mano giudizi e opinioni.
Avvinti da un brivido che non ci lascia, da un racconto che non è di genere, è buon cinema.
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