Anno: 2012
Distribuzione: Iris Film
Durata: 100′
Genere: Commedia
Nazionalità: Italia
Regia: Mariano Lamberti
‘Otto personaggi in cerca d’amore’ verrebbe da dire parafrasando un titolo di memoria pirandelliana per riassumere in un poche parole il “valzer” di sentimenti al centro di Good As You, prima gay comedy italiana liberamente ispirata all’omonima piece teatrale di grande successo firmata da Roberto Biondi, che prese a sua volta il titolo dallo slogan del movimento omosessuale durante le marce di protesta alla fine degli anni ’60. Prima di una lunga serie, speriamo, sull’argomento, per il coraggio di sdoganarlo, non per gli esiti finali che, al di là dei contenuti e delle argomentazioni trattate, come vedremo non sono particolarmente soddisfacenti, tanto sul versante della scrittura quanto da quello tecnico-stilistico. Ma proprio a causa del tema in questione, l’attenzione della maggior parte della critica si è spostata prevalentemente su questo aspetto, dimenticando, di fatto, di mettere a fuoco i pregi e i difetti della seconda pellicola di Mariano Lamberti. Del resto, non è la prima ne l’ultima volta che il o i temi trattati prevarichino in parte o totalmente (come in questo caso) i reali meriti o demeriti dell’opera nella sua interezza.
Per carità, quello di realizzare una storia costruita dall’interno con uno sguardo non sul mondo gay ma dal mondo gay, capace di immergere lo spettatore direttamente nella realtà che si sta raccontando e non di riflesso, come accade spesso nel cinema italiano (e non solo), è un aspetto inedito molto importante e sul quale bisogna assolutamente soffermarsi. Aspetto che rappresenta senza ombra di dubbio una componente di originalità messa in vetrina con convinzione dal film del regista partenopeo, che si va a inserire dunque in una cinematografia abituata da sempre a incastonare personaggi omosessuali in un macro o microcosmo eterosessuale (Ozpetek docet). Questo il merito che va riconosciuto a Good As You, vale a dire quello di aver quantomeno provato a mettere in scena il mondo gay anche attraverso l’uso degli stereotipi e dei cliché, che esistono e che in questo caso non devono apparire come un ingrediente negativo e penalizzante. Con e attraverso di essi, Lamberti e gli sceneggiatori non hanno paura di affrontare con tono leggero e a tratti dissacrante temi delicati e importanti.
Tuttavia ci si dimentica che a muovere le pedine in questa, come in tante altre commedie sentimentali, è pur sempre l’amore con le sue infinite sfaccettature. In Good As You è di esso che si parla e di conseguenza delle dinamiche che si vengono a creare tra persone che lo provano, al di là dell’orientamento sessuale. Si tratta di otto personaggi (quattro uomini e quattro donne), tutti più o meno consapevolmente gay, destinati ad incrociare le loro strade la notte di Capodanno. Complici l’alcool e una certa atmosfera malinconica e romantica, amplificata da un improvviso black out durante il brindisi, gli otto si troveranno alle prese con un turbinio di confessioni inaspettate, segreti svelati, gelosie e colpi di testa che (ri)accenderanno travolgenti quanto improbabili passioni. L’arrivo dell’alba saluterà così il formarsi di quattro coppie tanto appassionate quanto pronte ad esplodere come una pentola a pressione. Nei mesi successivi, infatti, tradimenti, bugie e fughe stravolgeranno i rapporti tra i protagonisti, culminando in una surreale e trasgressiva festa a tema “le favole”.
A guidare lo spettatore verso l’elemento omosessuale ci pensa come una vera e propria lettera d’intenti la sinossi stessa, ma dopo l’incipit, nelle righe seguenti, a prendere il sopravvento sono elementi universali legati all’amore, con personaggi che amano e si amano in maniera diversa in un turbinio di imprevisti, sorprese, gioie e dolori, nevrosi sentimentali, frustrazioni lavorative, piccoli e grandi tradimenti. Ingredienti imprescindibili del genere, che vanno oltre il fatto che ci si trovi al cospetto di un plot a sfondo omosessuale o eterosessuale. Questo perché il menù proposto alla platea dalla pellicola del regista del pregevole Non con un bang (1998), in fin dei conti non è altro che una commedia sentimentale degli equivoci ma in versione rosa shocking, colorata e, in alcuni passaggi, molto divertente (vedi scena del ristorante cinese), che dal punto di vista strettamente cinematografico rincorre a vuoto le atmosfere e lo stile almodoviariano.
Il film di Lamberti conserva intatto lo spirito dell’origine teatrale, che se da un lato dà vita a momenti riusciti dall’altro non consente all’operazione di distaccarsi da un impianto e da una tempistica che trasferisce una certa fastidiosa verbosità alla narrazione. Ne scaturisce un cinema scatologico che riporta alla mente Due partite di Enzo Monteleone, trasposizione per il grande schermo dello spettacolo della Comencini. I dialoghi persistenti e prolissi, che lasciano spazio di tanto in tanto solo al voice over, sono fin troppo serrati e prolissi con un ritmo frenetico che ben si addice ad un pubblico teatrale. L’ironia, quando viene, si manifesta a parole, ma non attraverso la fisicità e i tempi comici, che in particolare negli ultimi anni sono tornati a fare capolino nella nuova primavera della commedia all’italiana. Lo script e di conseguenza la sua messa in quadro risultano prevedibili e privi di guizzi degni di nota, vincolati dalla dipendenza di entrambi con l’interazione continua tra i personaggi dentro o fuori dalle quattro mura di una casa, attraverso un impianto dialogico onnipresente impostato su scene di gruppo e soprattutto su duetti. Questo alla lunga stanca e mette in evidenza i limiti di una narrazione ridotta ai minimi termini, che non permettono al film di oltrepassare la soglia della sufficienza.
Francesco Del Grosso
Scritto da Francesco Del Grosso il apr 5 2012. Registrato sotto IN SALA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione