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USA, colore, 98 minuti Regia: Sasha Gervasi Sceneggiatura: John J. McLauglin
A giudicare dal suo curriculum, Sascha Gervasi sembra un tizio strano e imprevedibile, uno di cui dev’essere impossibile indovinare il passo successivo tanto nel cinema quanto, boh, in qualsiasi altro campo: roadies degli Anvil fino all’86, fonda i Future Primitives e vi suona la batteria per poi lasciare la band poco prima che diventi famosa everywhere come Bush, scrive la sceneggiatura del bel The Terminal di Spielberg, dirige il commovente documentario sul comeback discografico degli Anvil e ora lo ritroviamo con questo Hitchcock, che, per quanto il titolo possa farlo erroneamente pensare, non è un biopic sul Maestro, ma una sua precisa immagine durante la realizzazione del capolavoro Psyco, momento travagliato e difficile che vede un confronto tra il grande regista e un’alleanza di studios, pubblico, attrici e moglie.
In una pellicola molto sensibile e di gran gusto, Gervasi inquadra un Anthony Hopkins divertito trasformista ottantenne nei panni di un uomo fermamente deciso, conscio della propria grandezza così come della forza che trova nella moglie, continuamente tentato dal fascino femminile, che trasforma in un’ossessione, in una soffocante dipendenza, capacissimo di fare di testa sua senza inflessioni esterne e di andare avanti contro tutti ma orgogliosamente debole e borioso di fronte a certe difficoltà e agli errori sventolatigli di fronte. Ne nasce un film elegante e attento tanto alla figura del grande regista quanto a quella bellissima e colorita della moglie e collega Alma Reville, donna forte e decisa, che ha sempre vissuto nell'ombra del successo del marito nonostante il talento, e con la quale proprio in questo periodo lui vive un ambiguo allontanamento affettivo/produttivo. Ben scritto e soprattutto dialogato dal John McLaughling che ha sì sceneggiato il fiacco Cigno nero ma anche molti episodi dell’immenso Carnivàle, Hitchcock è diretto da un Gervasi che si sofferma con classe sul rapporto tra moglie e marito, dipinto meravigliosamente da riflessioni e lunghe conversazioni/discussioni che mettono in mostra difetti e debolezze dell’essere umano, e che documenta con arguta ironia i lunghi e tormentati passaggi che affliggono la nascita di Psyco.
Sicuramente un po’ veloce nella parte squisitamente tecnica, ai retroscena sulla creazione del Capolavoro, esplorati con il giusto equilibrio tra mostrato e raccontato, Gervasi preferisce, anche giustamente, la controparte umana, e i significativi scambi tra Hitchcock e le sue muse, o la libertà presasi dalla Reville, sono momenti pregiati, preparati con sapore realistico e raffinato, costruendo di fatto l’ossatura principale di una pellicola in fondo umile e coi piedi per terra ma distinta come poche.
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