Aman (Said Sabrie) è un ragazzo di origine somala che bazzica i dintorni di Termini e sogna di vendere auto. Una notte, su un tetto, conosce Teodoro (Valerio Mastandrea), un insonne come lui, si scambiano poche parole, nasce una strana amicizia, alimentata dai centoni che Teodoro infila nella tasca del giubbino di Aman, e diosolosa quanto Aman ne abbia bisogno. Perché Teodoro lo fa? Cosa vuole da lui?
L’Italia è un paese multietnico, sembra strano ma è così, sono numerose le comunità ormai radicate da tempo nelle nostre città metropolitane (ma non solo; si pensi alla comunità cinese di Prato, probabilmente la più grande e la più importante dello stivale). Il cinema nostrano si è accorto dei migranti soprattutto dopo lo sbarco dei ventimila albanesi a Bari nel 1991, l’immagine della vecchia nave che tracimava corpi si è impressa nell’inconscio di tutti coloro che all’epoca avevano raggiunto l’età della ragione. Ma non ricordo molti film che abbiano esplorato lo stato e le storie dei migranti di seconda generazione, o meglio, degli italiani di nuova generazione. “Good Morning Aman” non ha solo questo merito*, il film dell’esordiente Claudio Noce, che firma lo script insieme all’attore/sceneggiatore Diego Ribon, è un film importante, snobbato dal pubblico e dalla critica che lo ha menzionato solo per l’egregia prova di Valerio Mastandrea (che ha talmente creduto nel film da co-produrlo). Il soggetto è solido e tagliente, la sceneggiatura a tratti presenta qualche opacità, ma ha il merito di essersi spinto in un territorio parzialmente inesplorato. La regia ha personalità da vendere, stupendi i primi piani, mai banali, come la composizione dell’inquadratura. Davvero difficile credere che sia un esordio.
*In realtà Aman non è nato in Italia, ma vi è arrivato da piccolo, molto piccolo, ed è a tutti gli effetti italiano, con tutti i pregi e i difetti del caso.
Magazine Cinema
Aman (Said Sabrie) è un ragazzo di origine somala che bazzica i dintorni di Termini e sogna di vendere auto. Una notte, su un tetto, conosce Teodoro (Valerio Mastandrea), un insonne come lui, si scambiano poche parole, nasce una strana amicizia, alimentata dai centoni che Teodoro infila nella tasca del giubbino di Aman, e diosolosa quanto Aman ne abbia bisogno. Perché Teodoro lo fa? Cosa vuole da lui?
L’Italia è un paese multietnico, sembra strano ma è così, sono numerose le comunità ormai radicate da tempo nelle nostre città metropolitane (ma non solo; si pensi alla comunità cinese di Prato, probabilmente la più grande e la più importante dello stivale). Il cinema nostrano si è accorto dei migranti soprattutto dopo lo sbarco dei ventimila albanesi a Bari nel 1991, l’immagine della vecchia nave che tracimava corpi si è impressa nell’inconscio di tutti coloro che all’epoca avevano raggiunto l’età della ragione. Ma non ricordo molti film che abbiano esplorato lo stato e le storie dei migranti di seconda generazione, o meglio, degli italiani di nuova generazione. “Good Morning Aman” non ha solo questo merito*, il film dell’esordiente Claudio Noce, che firma lo script insieme all’attore/sceneggiatore Diego Ribon, è un film importante, snobbato dal pubblico e dalla critica che lo ha menzionato solo per l’egregia prova di Valerio Mastandrea (che ha talmente creduto nel film da co-produrlo). Il soggetto è solido e tagliente, la sceneggiatura a tratti presenta qualche opacità, ma ha il merito di essersi spinto in un territorio parzialmente inesplorato. La regia ha personalità da vendere, stupendi i primi piani, mai banali, come la composizione dell’inquadratura. Davvero difficile credere che sia un esordio.
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