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Ultimo “post” prima dell’estate, con poche -rapide- riflessioni prima di un autunno che non si annuncia affatto semplice.
Nelle ultime settimane abbiamo avuto -se mai ne avessimo ancora bisogno- chiare dimostrazioni di una vecchia Italia che non vuole cambiare, nè vuole capire che un ciclo è finito. Per sempre.
In pochi giorni abbiamo dovuto sopportare:
-la protesta dei dipendenti della Camera, spaventati dal tetto ai loro maxi-stipendi – il rispetto per chi guadagna infinitamente meno di loro non è ovviamente contemplato. Abbiamo anche scoperto che a proteggerli ci sono ben 14 sigle sindacali. Quando parliamo dei macigni che impediscono il cambiamento, forse potremmo portare anche questo come esempio? Vicenda che si commenta da sola…
-un candidato presidente alla Figc che si produce in un commento dal sapore razzista, seguito da altre affermazioni al limite del surreale, che ne dimostrano tutto lo spessore. Un “vecchio” candidato alla presidenza, aggiungiamo. Che non rendendosi minimamente conto che anche il suo tempo è passato, continua -imperterrito- la sua corsa. Ignorando, o fingendo di ignorare, che la sua epoca, fatta di pacche sulle spalle, promesse di favori, amici degli amici, è finita. A sostenerlo un blocco di suoi consimili. Poi non ci lamentiamo se agli ultimi due Mondiali abbiamo fatto le figure che abbiamo fatto. Ci è andata persino bene, osservando questa classe dirigente.
-ancora una volta, i nostri amati professori universitari ci hanno regalato il meglio di sè: dopo aver fatto le barricate su una dichiarazione dell’ex-Ministro dell’Università Carrozza, che li voleva mandare in pensione a 70 anni, rieccoli nuovamente in lotta contro l’ipotesi di un pensionamento a 65 anni, inizialmente prevista dalla riforma della PA. Alla fine hanno spuntato tre anni in più. E figuriamoci se sono contenti: altra protesta, altre polemiche, nel nome di presunte professionalità che andranno perse. Scusate, ma chi vieta loro, graziati da munifiche pensioni d’oro che i loro posteri potranno solo sognare, di restare a titolo gratuito in università, per accompagnare un ricambio generazionale con i giovani che ne prenderanno il posto? Basti ricordare che -secondo una recente ricerca- negli ultimi dieci anni l’università italiana ha formato oltre 68mila ricercatori e ne ha assunti solo 4500, il 6,7% (!)
Per una volta abbiamo preferito identificare in modo chiaro e concreto tre esempi di ostacoli al rinnovamento. Speriamo di non ritrovarli, e non doverne riparlare al rientro dalle vacanze.
Buona Estate!
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