In questo mese mi sono messa, visto che avevo tempo e il culo parato, a cercare lavoro "anche qui".
Ho mandato un bel po' di curriculum, nessuna risposta. Ho parlato con i miei migliori contatti, di cui solo uno (una a dire il vero) mi ha aperto uno spiraglio di azzurro in un panorama altrimenti grigio piombo. Sono stata a pranzi, caffè e the nelle redazioni di Milano e provincia: stiamo chiudendo il servizio, stiamo tagliando, sigh, sigh, sigh. Tristezza e desolazione anche da parte di capiservizio, che pure, il loro posto ce l'hanno, non potrebbero seminare un po' più di entusiasmo? Nessuna notizia positiva, perfino qualche episodio tragicomico. A un certo punto mi chiedo se tutta 'sta sceneggiata sia autentica o se ci sia un intento di scoraggiarmi apposta. E giù con esami di coscienza a dirmi che forse non sono abbastanza qualificata, abbastanza preparata, abbastanza connessa, abbastanza costante. Forse semplicemente non sono più abituata a decifrare l'ambiguità della comunicazione italica, soprattutto quando si parla di "affari".
In fondo, mi rassicura vedere che i miei coetanei in qualche modo tirano a campare, qualcuno nemmeno male e interamente con le sue gambe. Sarà perché siamo nella parte più produttiva del Paese, e forse un posto, se lo vorrò, ci sarà anche per me. Ma lo dovrò volere davvero tanto, dovrò insistere davvero tanto, dovrò mandare giù un sacco di altre umiliazioni.
Non so se sono pronta.
Oggi Monti dice che potrebbe lasciare il Paese nel suo brodo. Che è quello che faccio anch'io, avviandomi verso l'aeroporto.