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Con i miei compagni di avventura cinematografica di ieri sera (si, Vincent, si Fofò, dico proprio voi), si discuteva su un dato di fatto incontestabile: "attualmente" Toni Servillo è il migliore attore italiano sulla piazza. Deve essersene ricordato perfettamente anche Stefano Incerti, il regista partenopeo di "Gorbaciof", sua settima creatura. Il film, infatti, ruota tutto intorno al personaggio interpretato "magistralmente" dal buon Servillo, un ragioniere del carcere di Poggioreale con vistosa voglia sulla fronte che non può non far ricordare quella dell'ex leader russo. La pellicola deve molto all'attore casertano. Il film, quasi "muto", si affida pressoché totalmente ai tic, agli sguardi e alla gestualità di Servillo. Un personaggio che fa tenerezza e rabbia allo stesso tempo, nostalgico e violento. Un po' più debole la compagna di schermo, la ragazza cinese di cui Gorbaciof si innamora. Convincenti, ma molto marginali Geppy Glejeses e Nello Mascia.La storia è interessante, per location (il quariere Vasto, a ridosso della Stazione Centrale di Napoli), sguardo sulla città, alcune scelte stilistiche. Non può che essere registrato come un atto di coraggio quello di optare per dialoghi praticamente inesistenti. Ma tutto il resto appare più fragile. La regia arretra di fronte alla performance di un Toni Servillo, da "one man show", come lui stesso ha scongiurato nel corso della presentazione in anteprima al pubblico partenopeo del Modernissimo. La pellicola scorre senza purtroppo grande mordente, facendo intuire spunti interessanti ma non totalmente approfonditi. Finale, ahimè, prevedibile.
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