Gli amanti della fotografia hanno qualcosa da festeggiare: allo Spazio Forma per la Fotografia, la mostra “Una storia americana”, che segna l’approdo nel continente europeo di un grande maestro: Gordon Parks.
Per definirne la poetica artistica potrebbe essere sufficiente questa sua massima, che vale come monito sia per i professionisti che per i fotoamatori: “Those people who want to use a camera should have something in mind, there’s something they want to show, something they want to say”.
Parks, con la sua macchina fotografica in mano, ha sempre detto moltissimo: una narrazione a volte graffiante, in altri casi semplicemente onesta, sempre lontana però dalla pura funzione documentaristica. Lo sguardo indagatore, la capacità di tradurre in immagini le pieghe più nascoste della società, la voglia di denunciare ingiustizie e soprusi rendono infatti Gordon Parks un perfetto esponente di quella fotografia sociale che si allontana dalla rappresentazione del puro fatto di cronaca e diventa un grido, un’accusa, una testimonianza.
Parks ha raccontato al mondo l’America della segregazione, la povertà delle periferie statunitensi, la difficoltà di esser nero in un mondo di bianchi. Lo ha fatto dalle pagine di Life e con la sua vena creativa, che non si esauriva con il rullino in canna ma si estendeva a includere cinema (il primo film diretto da un afroamericano a Hollywood porta la firma della sua regia), musica, scrittura. Insomma, varcando le porte del Forma verrete immersi nella vita e nell’opera di un vero, grande narratore, una voce possente che risuonerà a lungo nella vostra memoria.
E non deve stupire che un così grande talento – oltretutto assolutamente autodidatta – abbia dedicato parte del suo racconto per immagini al ritratto: da Muhammed Alì a Malcolm X, da Martin Luther King alla bellissima Ingrid Bergman immortalata a Stromboli nel 1949, Parks riesce dove solo i grandi non hanno fallito, e cioè nel creare una storia e trasmetterà anche con la semplice inquadratura di un volto o di una figura intera.