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Da un lato una città distrutta e dall'altro una creatura umana pietrificata a guardarla. Poco importa che in Luca 17,22-33 l'episodio venga "aggiornato" in chiave neotestamentaria in un discorso più ampio e teologicamente più incisivo sulla fede nel Figlio dell'uomo: Gore Vidal coglie l'immagine e ce la restituisce in un romanzo scorrevolissimo e, per quei tempi, tanto scandaloso da rendere difficilissima la pubblicazione della sua opera. La statua di sale parla di Jim, un bravo tennista e un bel ragazzo, segnato nella tarda adolescenza da un rapporto consumato con Bob, il suo amico di sempre, poco prima di separarsi e dare avvio all'età adulta.
Il sesso che condividono i due giovani uomini avviene in uno spazio (una capanna solitaria vicino a un fiume) e in un tempo (il weekend successivo al diploma di Bob) affrancati dallo sguardo altrui: l'incontro dei loro corpi è liberatorio e scatena in Jim un'energia e un'attesa che il ragazzo non avrebbe potuto immaginare. Siamo negli anni '40 e nel giovane non può scaturire immediata l'autoconsapevolezza della propria omosessualità: così Jim finisce la scuola e parte anche lui alla ricerca dell'amico-amante, imbattendosi però in una vita che è ben diversa da come la immaginava.
Dopo varie infatuazioni, il giovane diventa amante prima di Ronald Shaw, un attore di dubbio talento, ricchissimo e piuttosto superficiale, convinto (forse sinceramente) di poterlo avere tutto per sé, magari comprandolo; poi cade tra le braccia di un altro uomo agli antipodi: Paul Sullivan, intellettuale tormentato e scrittore di nessun successo. In entrambi i casi, il desiderio sessuale è un pallidissimo ricordo di ciò che Jim aveva provato con Bob. La concupiscenza matura poco alla volta, è fonte di incontri anonimi nei bar e passa per una specie di percorso di iniziazione eterosessuale che lascia il ragazzo ancora più amareggiato di prima.
L'aspetto più straordinario del protagonista de La statua di sale mi sembra il suo perenne tarlo di essere "altro" rispetto a chi lo circonda. Se siamo lontani dagli stereotipi correnti sul gay, in quanto il ragazzo è virile e tale è la sensualità che comunica al lettore, tuttavia c'è un forte senso di estraniazione, di lontananza esistenziale: Jim non è particolarmente profondo o saggio, proclama anzi a chiare lettere la sua incertezza, la sua incapacità di far fronte a ciò che la vita gli chiede, però è schivo, riservato, riecheggia lo spazio di libertà e di riflessione del lettore, che viene proiettato nella vicenda a distanza di sicurezza, attraverso una magnifica "bolla" che è il corpo del ragazzo.
Quel che voglio dire, in altri termini, è che ci si identifica nel protagonista non trasportandolo ai nostri tempi, ma affacciandosi con cautela sui suoi: la modernità indubbia - garantita anche dalla revisione avvenuta vent'anni dopo - del romanzo non ci rende per questo i suoi scenari più familiari. Leggere La statua di sale, molto apprezzato da Christopher Isherwood e perfino da Thomas Mann, è comunque un tuffo in uno dei momenti più delicati della storia del mondo omosessuale contemporaneo e, per di più, della nascita del grande romanzo americano del secondo dopoguerra. Gli ingredienti ci sono già tutti e le intersezioni con altri autori classici - al di là dei riferimenti testuali - sorprenderanno senz'altro il lettore più prevenuto.
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