GRAMMATICHE
Non resterò col richiamo della civetta
dentro l’udito e il boato che schianta
qualcosa di vivo di vecchio di casa
non resterò con le ali bruciacchiate
la dimenticanza del volo e lo sguardo
fisso sulle stelle fredde e lontane
non resterò senza un mistero senza una fiaba
senza un trasalimento e mano con mano
mi porterò dove il lupo gioca con l’agnello
e le donne sono belle ogni alba più splendenti
e amano gli uomini e le donne e i bambini
e i bambini non sono angeli sono uccelli
in lenta migrazione….
non resterò dove si alza solo polvere
e le parole sono flauti di canne a quattro note
e non si può fare sinfonia e l’armonia
cade si spezza come cristallo sul pavimento
duro del cuore
non resterò se il cuore mi muore.
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La grammatica del dolore la sua punteggiatura
l’ho imparata con un vagito nell’afa di luglio
sono stati molti gli esercizi per la sua signoria
avevo il fuoco sotto lo sguardo basso
mentre mi piagavo e resistevo come al calcio un sasso
e ora che ho col tempo ed esperienze
la padronanza di tutte le declinazioni e le eccezioni
taglio via la talea marcita rigetto quel pensiero
savio che non buca il silenzio e incrina l’osso
la grammatica del dolore è sbocciata intera
e ha disegnato le mia forma la piega nuova
invasiva come la gramigna s’estende dalla guancia
alla caviglia e fiorisce sottopelle e più la strappo via
più prende terreno mi inseguirà come la preda
il predatore
nascondermi non serve mi troverà ovunque
la luna al suo primo quarto ambisce farsi piena.
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Sono arrivati al passo i tempi attesi
che hanno squadernato risse di pensieri
quelli che hanno bruciato la terra
la terra mia di cui sono impastata
e hanno inciso crepe a colpi di tridente
sono venuti senza bussare di soppiatto
un po’ maleducati riottosi a farsi
ordinare in liste di registri commerciali
rotolano sui gradini ferendosi le ossa
ridono se alzano polvere se c’è un
mistero rannicchiato in un cono d’ombra
eppure non li temo e spalanco i vetri
avessero voglia di farsi un volo attorno
a respirare aria tumefatta e greve
di me resterà una polvere impalpabile
che solleverà una farfalla in volo
eccola lieve lieve che si disperde
senza alcuna traccia.
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Mia vita- lasciami un tramonto
che mi brilli sui capelli e sciolga i nodi
rimasti impigliati dai venti
nel folto della capigliatura lunga
nelle articolazioni con cartilagini dure
regalami quel tepore che trattiene
la foglia al suo ramo prima
del suo volo breve gioioso come
una capovolta sui tappeti d’erba
arrivata al margine alla svolta giunta
come a dieci anni la gioia e l’indecenza.
E ancora quale meraviglia cattura
l’uscio discosto su due occhi vivi
di sole piume senza remiganti.
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Incontro un ricordo sulla faccia
imbronciata di una luna rossa e tonda
che segue il mio cammino
di vaghezze e disarticolate ossa
sì che ogni passo è testarda volontà
di procedere non ho trovato la panchina
adatta alla forma che mi tesse il pensiero
erratico errabondo mai estatico.
Nel cono di luce punto fermo
del lampione che seziona la notte
non cerco esclamativi né interrogativi
mi metto in fuga disperando la visione
dell’ultimo scontro frontale.
Fu così che conobbi la punteggiatura
i puntini di sospensione la virgola
per ripartire dopo che la brina ha gelato
le spine in arabeschi che raggelano
ho salvato una treccia e riparto
da un punto e virgola la treccia salvata
da una sforbiciata di tanti anni fa.
NARDA FATTORI ( inediti)