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Gramsci: il teatro come allegoria

Creato il 10 ottobre 2010 da Bruno Corino @CorinoBruno

Gramsci: il teatro come allegoria
Che le cronache teatrali di Gramsci, come è stato da più parti notato, riguardassero non soltanto il testo letterario, ma anche la messinscena, l’industria teatrale, il problema della ricezione, ecc., è ormai un dato acquisito dalla critica. Questa attenzione molteplice per tutto ciò che si richiamava al teatro costituiva una novità assoluta nel panorama della critica letteraria del tempo. Anche noi siamo d’accordo nel dire che “tra il critico teatrale e l’attivista politico, il rivoluzionario marxista, il redattore dell’“Ordine Nuovo” e il teorico dei Consigli di fabbrica non c’è alcuna differenza, sì invece una evidentissima unità e continuità”, ma si tratta proprio di dimostrare questa continuità, e non a livello superficiale; si tratta, in altri termini, di capire se tra le due attività c’è piena integrazione o semplice sovrapposizione. Altrimenti, quei rilievi critici restano un mero dato di cui prendiamo semplicemente atto. I critici sono d’accordo nel ritenere originali le schede teatrali di Gramsci, tuttavia, a mio parere, ancora non è stato compresa la fonte da cui quella originalità scaturiva, così come non è stato compreso l’interesse che guidava Gramsci nella sua stesura delle sue cronache, cosa egli vi avesse effettivamente scorto nel teatro rispetto agli altri critici. Se vogliamo comprendere la fonte e l’interesse dobbiamo cominciare ad indagare i significati “allegorici” che, secondo noi, il teatro nella visione gramsciana conteneva. Precisiamo che con ciò non voglio dire ch’egli si battesse per un teatro “allegorico”, semplicemente che il teatro drammatico, a cominciare dal “testo scritto” e dalla sua produzione, e passando per la distribuzione” e la ricezione, quindi in ogni sua fase, si presentava già di per sé come un’allegoria della futura società socialista. Il teatro nel suo insieme denotava un complesso allegorico, in quanto agli occhi di Gramsci si poneva contro la privatezza della significazione simbolica, tipica invece del puro discorso letterario, in quanto il teatro nell’intenzionalità gramsciana esigeva e cercava la dimensione pubblica, corale del suo significare e del suo essere fruita. Se vogliamo “decifrare” questi significati, dobbiamo anzitutto cominciare a riconoscere su quali principi l’intera allegoria teatrale si costruisce. E, in effetti, questi significati si hanno quando cominciamo a stabilire un’analogia tra il momento dell’elaborazione del testo teatrale e della sua messinscena con il momento della progettazione del piano di lavoro industriale e quello della sua esecuzione pratica, tra il teatro costituito da principi estetici con la fabbrica dei produttori. Soltanto attraverso la comprensione di questa serie di analogie riusciremo a capire perché non sia possibile scindere l’attività di critico teatrale o dell’uomo di cultura da quella del politico e teorico della futura società socialista.


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