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Dopo una settimana a Tenerife la Frivola e otto giorni a Lanzarote l’Arcaica, chiudiamo l’ultima settimana con Gran Canaria la Sintesi.
Questo mini continente ha un’area quasi doppia rispetto a Lanzarote e riassume in sé varietà geologiche, paesaggistiche e climatiche compattate sulla superficie pressoché circolare dell’isola.In realtà l’avevo scelta come ultima tappa perché potessimo riprenderci dalle fatiche escursionistiche di Tenerife e Lanzarote; l’avevo sentita definire come “la meno interessante” delle Canarie, sicuramente un posto per riposarsi e godersi la pigrizia.
Certamente Gran Canaria, come il resto dell’arcipelago, offre quest’aspetto, ma sarebbe restrittivo fermarsi a quello. I primi due giorni sono stati di riposo assoluto nella tranquilla zona di San Agustin, vicinissima alla pulsante Maspalomas, con la sua folla giovane, colorata e chiassosa. San Agustin ha invece una cospicua colonia svedese, di un’età più matura e abitudini meno turbolente. La spiaggia è una lunga distesa candida e sabbiosa che il vento si diverte a scomporre e ricomporre creando effetti moiré. Artisti dell’effimero costruiscono imponenti manieri con ponti levatoi, torri, merli, stendardi, oltre a piovre, delfini che emergono dalle onde, vascelli corsari e creazioni fantasiose, tutte con sabbia, precisione, pazienza e grande senso del bello. Stendono un telo fermandolo con sassi in cui i passanti incuriositi possono lasciare monete a dimostrazione del loro apprezzamento. Molto spesso il vento fa volare telo, sassi e monete da tutt’altra parte, e gli scultori devono correre per ricuperarli.
Partendo da San Agustin, camminando sulla spiaggia o il lungomare per circa quattro chilometri, si raggiunge la zona delle dune di Maspalomas, riserva naturale protetta di quattrocento ettari, limitata da dodici chilometri di litorale. Al termine dei due giorni di puro riposo tra spiagge dorate, parchi e passeggiate in mezzo a rigogliosa vegetazione tropicale, cominciamo a girare un po’ senza meta, dove ci porta il capriccio. Il primo ci ispira ad andare a Puerto de Mogán, saltando a piè pari l’orribile Puerto Rico – sfigurato dall’edificazione selvaggia. Puerto Mogán è una pittoresca cittadina di pescatori sulla costa occidentale soprannominata “piccola Venezia” per il numero di canali che l’attraversano; l’aspetto è molto attraente, con stradine tortuose, casette di un bianco abbacinante, balconi fioriti, numerosi ristorantini tipici, boutique e mercatini, contro lo sfondo maestoso del Tauro. Naturalmente Puerto Mogán è affollata di turisti che cercano l’angolino caratteristico, una rarità a Gran Canaria, le cui località costiere hanno un’urbanistica ispirata alla Palm Beach della Florida o alla Palm Springs della California.
Un altro sfizio ci fa addentrare nel cuore montagnoso e attraversiamo le verdissime vallate del paesaggio protetto di Fataga, un ambiente alpino ricco di foreste di conifere, profondi burroni, torrenti zampillanti e armoniosi che dividono frutteti, uliveti, palmeti; le poche località sono minuscole, oltre alle casette bianche sparse di contadini che espongono i prodotti del proprio orto su carretti davanti casa per chi li vuole comprare.
Arriviamo alla Finca Molino de Agua, un complesso rurale che ospita un ristorante, un bar, camere per gli ospiti, una splendida piscina turchese, un’aia con tanti animali in zone separate, compresi pony per passeggiate, pavoni, caprette; frutteto, uliveto, sentieri per mountain bike, zona barbecue, parco avventura, e un monumento storico costituito da un antico mulino ad acqua alimentato da un piccolo acquedotto. Un paradiso per turisti amanti tanto della vita attiva quanto del riposo, poiché ospita anche un centro olistico che offre di tutto, dalle tecniche reiki all’ipnoterapia.
Vulcanica come il resto dell’arcipelago, Gran Canaria non ha una vetta emblematica come il Teide di Tenerife, né un numero così alto di vulcani antichi e giovani come Lanzarote; ha però diversi picchi di origine vulcanica che attirano i turisti da safari fotografico, data la bellezza dei panorami, la peculiarità delle vette e del clima cangiante – diversi gradi di differenza nelle temperature a sud e a nord della stessa montagna, e mari di nebbia e nuvole basse che appaiono aldilà di un tornante per dissolversi al tornante successivo.
Cruz de Tejeda, immersa nella nebbia e nel freddo, ci accoglie a circa 1500 m di quota e a 10°C. Si tratta del baricentro di Gran Canaria, crocevia di strade e sentieri che raggiungono alcuni dei luoghi più affascinanti, come Roque Bentayga (1415 m) e Roque Nublo, la cima più alta (1811 m) con quella formazione basaltica di ottanta metri di altezza, dalla forma certamente fallica. Cruz de Tejeda è una specie di trappola per turisti, con dozzine di bar e ristoranti, asinelli da fotografare dietro compenso, negozi ed empori che vendono indumenti invernali di lana e di pile – l’unico luogo dell’isola dove siano necessari. Lasciata abbastanza in fretta Cruz de Tejeda, seguiamo la strada che circonda le due cime – Nublo e Bentayga – e subito la primavera ci accoglie con mandorli in fiore e cieli turchini. La circonvallazione ci porta via via tra paesaggi e climi opposti, e naturalmente preferiamo il tepore, quindi scendiamo verso la costa e concludiamo la giornata al mare. Un altro giorno ci avventuriamo per la spettacolare GC200, la strada panoramica che da Puerto de Mogán segue la costa a ovest, in quota, e termina a nord in corrispondenza di Agaete. Tra Mogán e Tasarte la strada è tortuosa e bella da togliere il fiato. Montagne perpendicolari e valli verdi e profonde si susseguono gareggiando tra di loro per riempirci di meraviglia, finché giungiamo alla Fuente de los Azulejos e restiamo a bocca aperta. I fianchi delle montagne sembrano dipinti da un pittore: le formazioni rocciose presentano in fasce orizzontali sfumate i colori dell’arcobaleno – dal violaceo, al turchese, al giallo, al rosso. Irreale.
La strada procede in quota con viste indimenticabili e si avvicina gradualmente alla costa dopo Aldea de San Nicolas. Da qui piega verso nordest e segue molto più da vicino il litorale, che in tutto il tratto fino ad Agaete è scosceso e molto pericoloso per caduta massi. Dal sole del sud passiamo alle nubi, al vento forte del nordovest e alle falesie che si tuffano in mare creando vortici e cavalloni. La natura ci mostra il suo volto drammatico e restiamo ipnotizzati. Agaete sembra respingerci con un clima antipatico e inospitale fatto di nebbia, pioggerellina e freddo. Decidiamo di andare a farci un caffè da un’altra parte. Ad Agaete lasciamo la GC200 e attraversiamo il litorale nord che è piatto e uniforme, a tratti anche industriale.L’autostrada GC2 ci porta a Las Palmas, la capitale, ma non ne siamo attratti, vuoi dal clima, vuoi dall’aspetto di turismo di massa, quindi completiamo il giro intorno all’isola seguendo la comodissima autostrada GC1 fino a San Agustin, nostro campo base.
Un’ultima meta ci porta di nuovo a ovest. Stavolta lasciamo la GC200 a Tasarte e discendiamo per la stradina tortuosa che si addentra nella ripida forra in direzione dell’unica spiaggia. Verso la fine, la strada diventa più pianeggiante e attraversa una fertile vallata coltivata a banane e avocado in specie di serre costituite da lunghissimi teloni sostenuti da pali. Suppongo che proteggano sia dal vento sia dal sole a picco.
Playa de Tasarte è davvero minima, stretta, niente sabbia, solo ghiaia, due o tre case e poche barchette da pesca tirate in secco, e alla fine, proprio dove cominciano le alte scogliere impervie, un bar ristorante con tavolini e ombrelloni dove servono del delizioso pesce appena pescato dagli uomini che giocano a domino sull’ultimo tavolino.
Tempo di consuntivi. Gran Canaria non delude. Ci si trova un po’ di tutto, proprio come ci aspettavamo. Forse non ha le attrattive sensazionali delle Isole Canarie più selvagge, ma non difetta in niente. E’ la sintesi dell’arcipelago.
Ecco le mie raccomandazioni su dove alloggiare e assaggiare una buona cucina:
¡Buen provecho!
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