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Grand Hotel Italia

Creato il 13 agosto 2011 da Albertocapece

 

Grand Hotel ItaliaAnna Lombroso per il Simplicissimus Allora, nel giorno della dichiarazione di fallimento del governo e di quel che restava di una promessa fallace di benessere, l’autorità giudiziaria ha sequestrato nella sede dell’Espresso le foto del premier, in dolce compagnia e nel giorno dei referendum. È gravissimo, la censura è disdicevole, non esiste privacy che tenga per gli uomini pubblici e per di più per chi invade il nostro privato oltre che con ogni forma di perentoria, tracotante e squallida comunicazione personale, con una forma pervicace e violenta di intromissione nelle nostre scelte, inclinazioni e volontà personali. Però, non so per voi, ma per me quelle foto non aggiungono nulla né al giudizio né al pregiudizio sfavorevole che ho maturato sul presidente del consiglio e sull’uomo che riveste quell’incarico.. Che incremento di scandalo e disapprovazione dovrebbero suscitare in noi? Dovremmo meravigliarci perché la donna che si intravvede è giovane? Dovremmo stupirci perché nella solennità referendaria, invece di recarsi al mare come Craxi, ha mantenuto la promessa sgangherata fatta agli italiani di non andare a votare, preferendo la piscina al diritto-dovere? Mi pare poco sorprendente la conferma delle sue preferenze così come dell’avversione per i doveri, suoi, e per i diritti, nostri. Invece quello che sorprende è la disapprovazione moralistica che sostituisce la condanna morale in cui indulge il settimanale. Innumerevoli volte, io, come tanti, ci siamo scandalizzati che creasse più scandalo l’offesa al buon costume di quella alla democrazia, che ne è comprensiva, che il reato di induzione alla prostituzione, odioso per carità, desse la sveglia alle coscienze più dei tanti altri commessi ai danni del Paese o che il bacio alle ragazze turbasse più di quello a Gheddafi o le dichiarazioni d’amore alla Minetti sdegnassero più di quelle a Mangano. Non ho molta simpatia per l’Espresso, mi piaceva quando era un foglione pesante di nero piombo e di critica arguta ai potenti. Poi mi costò molti rimbrotti un titolo canaglia e lungimirante che feci per un pezzo sui settimanali “politici”, Espresso e Panorama: un settimanale al prezzo di due, per denunciarne l’omologazione. E non mi sono mai piaciute troppo le donne esposte come un ostensorio in copertina offerto alle vendite. Recentemente ho nutrito un certo sospetto per la campagna contro la casta – mirata su quella politica, dimenticando quelle contigue – in odor di campagna elettorale per qualcuno che forse si può indovinare. L’indignazione professionale spesso procede per segmenti e è inevitabile che la frammentazione dello sprezzo lo renda meno autorevole, diventa ad personam o cricca. A me viene il sospetto legittimo che certe campagne vengano architettate sapientemente per distrarre da obiettivi scomodi, da amici ammirati, banche, finanza, grandi imprese e grandi famiglie, cancellerie e diplomazie, edizioni di lusso, insomma interessi già forti ma avidi di esserlo sempre di più. È preferibile indirizzare il risentimento verso quello che il potere vuol far vedere. Le quattro anomalie italiane, anomale anche perché coesistono e si alimentano a vicenda, non sono un recinto di privilegio chiuso: ne gode il beneficiario, ma ispirano e contagiano attraverso complicità, prerogative, prebende. E quelli che si avvicinano, anche se non vengono proprio fatti entrare, si sentono scelti e ammessi, prossimi ad essere uguali. Si l’informazione che rivendica libertà di esprimersi la intende anche come libertà di tacere, di scegliere quali retroscena valgano la ribalta, verso quali aspetti del potere oligarchico valga accendere l’occhio di bue. Ma come altre licenze in questo paese si tratta di una libertà sotto tutela. L’insofferenza alle regole, il clientelismo, il “concorso” di interessi: politica in commistione illegittima con imprenditoria, finanza, potenza comunicativa che moltiplica e ingigantisce il potenziale di controllo improprio, di consenso disuguale, costituiscono un presidio opaco e iniquo a discapito della trasparenza e dell’informazione e dunque della partecipazione e della democrazia. Meglio far vedere gli estri adolescenziali del premier così da alimentare l’infantilizzazione dei cittadini, le sue abitudini da riccastro mediocre così da ispirare emulazione egoistica, la sua esuberanza sinistra così da suscitare un feroce dinamismo competitivo. È meglio far vedere, sembra, l’ostentazione del suo diritto a viversi la sua vita dissipata mentre lui sta dissipando i nostri diritti al presente e al futuro. È meglio far vedere il suo squallido privato tacendo la privatizzazione del settore pubblico ormai in cantiere. Il governo infetto sta riuscendo a corrompere tutto con i suoi stessi veleni

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