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gravity

Creato il 11 ottobre 2013 da Albertogallo

GRAVITY (Usa-Uk 2013)

locandina gravity

Mi spiace usare parolacce da saggio universitario o, peggio ancora, da comunicato stampa come “esperienziale” o “immersivo”. Ma la verità è proprio questa: Gravity, ritorno in grande stile del regista messicano Alfonso Cuarón dopo i fasti dell’ormai vecchio (e bellissimo) I figli degli uomini, più che un film è un’esperienza. Assolutamente appassionante, incredibilmente avvincente. Di quelle da lasciare lo spettatore a bocca aperta, con il batticuore e un perenne “speriamo che ce la faccia” a ronzare in testa.

Che poi la vicenda è semplice semplice: Ryan Stone e Matt Kowalsky (Sandra Bullock e George Clooney, ma potevano anche prendere me e mia nonna, per quanto conta in questo film l’interpretazione attoriale) sono due astronauti. Timida, seria e inesperta lei, brillante e scafato lui. Se ne stanno a passeggio nello spazio, con la Terra in tutta la sua bellezza e le stelle a fare da sfondo, quando una pioggia di detriti spaziali incrocia la loro posizione: distrutta la navicella che dovrebbe riportarli a casa e ucciso tutto il resto dell’equipaggio, Stone e Kowalsky devono trovare il modo di sopravvivere e, possibilmente, tornare sulla Terra.

Interamente ambientato nello spazio (nessun flashback, nessun sogno o allucinazione che riporti i protagonisti, e dunque lo spettatore, anche solo per un istante sul nostro pianeta), Gravity è un film capace di farti letteralmente mancare il respiro e il terreno sotto i piedi. Merito soprattutto di una regia e di una fotografia (e pure di un montaggio sonoro) che definire virtuosistiche sarebbe un eufemismo: interminabili piani sequenza, impensabili movimenti di macchina, soggettive, primi piani ravvicinatissimi alternati a inquadrature dello spazio profondo (alcune panoramiche sono state fornite direttamente dalla Nasa), silenzi, esplosioni di rumore… c’è di tutto. Ma è un tutto gestito con estrema eleganza, in maniera quasi naturale, senza la necessità di strafare, come se certe scene non avessero di per sé fornito la possibilità di essere girate in un altro modo. Persino i dialoghi, che in un film pseudofantascientifico come questo potrebbero risultare accessori, sono invece ben scritti, con qualche eccesso di patetismo giusto verso il finale. A essere discutibile è semmai la vicenda in sé, estremamente improbabile, talvolta ai limiti del ridicolo (come quando la ragazza utilizza un comune estintore per volare nello spazio e dirigersi verso una navicella che potrebbe salvarle la vita), ma se è la verosimiglianza che cercate, be’, avete decisamente sbagliato posto, o quantomeno sala.

Versione filmata di un’attrazione da parco dei divertimenti o pellicola d’autore? Forse entrambe le cose. Geniale l’idea di scegliere Ed Harris (di cui, nella versione originale in inglese, si sente soltanto la voce) per il ruolo del mission control da Houston, lo stesso che interpretò diciotto anni fa in Apollo 13.

Alberto Gallo



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