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Finalmente un 3D che ha un senso, utilizzato per conferire davvero un valore aggiunto alla visione. Sì, perché lì nello spazio, in assenza di gravità, tutto fluttua nelle direzioni più imprevedibili, tutto acquista una consistenza dentro l'infinito buio interrotto solo dalle aurore e dalle luci della terra.
L'intero film è un vero godimento dal punto di vista visivo, spettacolare sia nelle sue visioni da lontano degli astronauti che passeggiano intorno alla loro navicella sia nelle visioni in soggettiva dall'interno dei loro caschi.
E la prima ora della storia è decisamente notevole, epica e minimale al contempo, come epica e minimale è l'attività di questi astronauti che sono lì su a fare cose apparentemente incomprensibili e sfidano l'immensità dell'universo.
Il senso di angoscia è immediato, perché è inevitabile sentirsi piccolissimi, del tutto indifesi, assolutamente insignificanti rispetto a un'immensità cui possiamo fare solo il solletico e che nessuna tecnologia umana è in grado di dominare.
Fino a un certo punto si è molto vicini a un film di altissimo livello, sia in senso strettamente visivo che sul piano della sceneggiatura. Peccato che a un certo punto la magia si spezzi e in fondo si ritorni ad un banale molto consolatorio che non solo non aggiunge niente, ma addirittura depriva il film della sua forza. Diciamo che quando Gravity vira verso Indiana Jones l'entusiasmo scema un po' ;-)
Non voglio fare spoilers per chi ancora il film non l'ha visto, ma - al di là della bravura indubbia di Sandra Bullock (tra l'altro in splendida forma fisica, sebbene con la faccia trasformata dagli interventi estetici) - il suo personaggio perde di spessore nell'ultimo quarto d'ora, forse perché il regista non se la sente di accettare l'insignificanza della vita umana di fronte all'universo.
Da vedere. Ma peccato, perché avrebbe potuto essere e forse non è stato del tutto.
Il mio voto però è all'eccellenza delle intenzioni.
Voto: 4/5
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