Gravity (id.)
Genere: fantascienza/drammatico
Regia: Alfonso Cuaròn
Cast: Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris
97 minuti
2013
di Giuseppe T. Chiaramonte. Presentato alla 70° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Gravity è stato uno dei film più impressionanti dello scorso anno.
Si era già capito dal trailer intitolato “Detached” che sarebbe stato un grande film, uno di quelli che si inseriscono prepotentemente nella storia del cinema e tanto grandi da far dire a un colosso come James Cameron che è il film definitivo sullo Spazio.
Il piano sequenza (una lunga inquadratura che esaurisce un’intera sequenza) è considerata da sempre un elemento di grande cinema in grado di far immergere maggiormente lo spettatore nella scena. L’azione si compie letteralmente davanti agli occhi di chi guarda e tutto accade in tempo reale. Lo dicevano i grandi maestri come Orson Welles, Alfred Hitchcock, Andrè Bazin insieme a molti altri e nel corso della storia del cinema tanti registi hanno optato per questa scelta, realizzando momenti di cinema davvero emozionanti.
Alfonso Cuaròn ha sicuramente fatto sua la lezione sull’importanza del piano sequenza deliziandoci già qualche anno fa con I Figli degli uomini in una mastodontica scena di battaglia girata in questo modo e usando lunghe inquadrature in altri film come elemento di stile, ma in Gravity, la forza del piano sequenza raggiunge una vetta stilistica esagerata. Fin dall’inizio del film siamo catapultati nella vicenda e soprattutto al fianco dei protagonisti, Ryan Stone e Matt Kowalsky ( rispettivamente Sandra Bullock e George Clooney ). La macchina da presa raggiunge la navetta spaziale dove si sta svolgendo una “quotidiana” missione e danza attorno ai personaggi fino all’incidente che fa partire la storia. Il tutto nel giro di dieci minuti abbondanti senza che ci sia un solo stacco di montaggio.
La grandezza di Gravity non sta nella storia, che di per sé è il semplice raggiungimento della sopravvivenza da parte dei protagonisti, quanto nella messa in scena sontuosa, nel fotorealismo e nella capacità immersiva senza precedenti. Guardare Gravity è prima di tutto un’esperienza fisica: tutti i sensi e l’intero corpo sono coinvolti in un modo che è impossibile da spiegare se non vedendo il film, perché il 3D questa volta è davvero un valore aggiunto ( film da vedere tassativamente in 3D e sullo schermo più grande possibile ). La magnifica ed elegante regia del regista messicano insieme agli straordinari effetti visivi accompagno la storia della rinascita di una persona attraverso un racconto che parla dell’Uomo. Non si tratta di una sceneggiatura eccezionale, infatti i momenti ricoperti di glassa e impregnati di un buonismo troppo ostentato sono molti, ma quando un’universo di emozioni e di situazioni viene raccontato attraverso due soli personaggi, siamo certamente davanti a qualcosa di grande valore.Vincitore di ben 7 premi Oscar su 10 nomination, forse Gravity non è il film definitivo sullo Spazio ( basti pensare a 2001: Odissea nello spazio, per esempio ) e sicuramente è criticato da molti proprio per la mancanza incisiva a livello di sceneggiatura, ma Alfonso Cuaròn ha fatto una grande scommessa e l’ha vinta, regalandoci un film gigantesco ed emozionante.
★★★★ ½