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Quell'inguaribile ottimista di Alfonso Cuarón, dopo l'apocalittico e violento I figli degli uomini torna con una pellicola ambientata là dove non c'è suono, nella calma assoluta dello spazio profondo, molti e molti chilometri sopra la superficie terrestre.
Il film si apre con una meravigliosa inquadratura del telescopio spaziale Hubble, affiancato da uno Space Shuttle impegnato in una missione di manutenzione, sullo sfondo il pianeta azzurro, la Terra, si offre in tutta la sua bellezza. Mentre una squadra di astronauti è impegnata in una passeggiata spaziale, uno sciame di detriti spaziali ad altissima velocità causato dall'esplosione di un satellite russo investe lo shuttle uccidendone tutti gli occupanti: gli unici sopravvissuti alla catastrofe sono il veterano dello spazio Matt Kowalsky e la "specialista di missione" alla sua prima esperienza spaziale, la dottoressa Ryan Stone (una biologa che per oscure ragioni ripara schede elettroniche sul telescopio spaziale). Le telecomunicazioni con la Terra sono completamente saltate, i due sono soli nell'immensità, senza alcun possibile aiuto su cui contare. Con mossa disperata, decidono di tentare di raggiungere la stazione spaziale orbitante ISS, spostandosi nello spazio grazie al "jet pack" di Kowalsky. Inizia così una vera odissea nello spazio nel corso della quale la dottoressa Stone dovrà dare fondo a tutte le sue energie nella missione impossibile di riportare la pelle a casa
Il film è stato scritto dallo stesso Cuarón insieme al figlio trentenne Jonás, ha penato un po' per trovare qualcuno che lo producesse ed è poi stato tenuto - chissà perchè - nel cassetto dalla Warner per un paio di anni. Le interpretazioni di George Clooney nei panni del pilota freddo ed esperto, e sopratutto di Sandra Bullock in quelli della dottoressa spaventata ma pur sempre coriacea sono coinvolgenti, la Bullock in particolare tiene il film praticamente da sola per tutto il tempo, oltre a sfoggiare un fisico incredibilmente "fit" alla soglia dei cinquant'anni. La fotografia è di Emmanuel Lubezki, messicano come il regista, e si giova di bellissimi pianosequenza (sono soltanto 156 le inquadrature su cui si fonda il film) fra cui alcune aurore "standard" e un'aurora boreale che varrebbero da sole il prezzo del biglietto (la NASA ha contribuito al progetto mettendo a disposizione del materiale video).
L'unico dubbio che resta all'uscita della sala è se questo film abbia un senso al di là di quello di esistere. Il messaggio di fondo è ben riassunto dal claim del film "never let go" ed in effetti al dottoressa Ryan ce la metterà proprio tutta per non mollare mai, messaggio importante per carità, però suvvia...
Alla fine il film si regge sul riprendere due uomini soli persi nell'immenso nel quale sono destinati a sparire, Kowalski all'inizio si dimostra più vivo di una Ryan ormai robotizzata, de-umanizzata dal dolore per la perdita della figlioletta. Nel corso della sua odissea la protagonista impara ad amare la vita proprio per il fatto di essere immersa in un elemento nel quale è impossibile vivere (e la riemersione dalle acque segna simbolicamente una Ryan rinata).
Gravity è un film di molta tecnica, mischiata con il giusto livello di tensione. Della verosimiglianza scientifica non è neppure il caso di parlare, ma per chi saprà passarci sopra è assicurata un'ora e mezza di fiato sospeso e immagini che meritano un solo aggettivo: spaziali.
2013 - Gravity Regia: Alfonso Cuarón Sceneggiatura: Alfonso e Jonás Cuarón Fotografia: Emmanuel Lubezki
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