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Grazie di tutto, Vince: Breaking Bad – stagione cinque, seconda parte (2013)
Creato il 17 ottobre 2013 da SilenteUSA, 8 episodi, 45 min. cad. Creato da: Vince Gilligan Network: AMC
Non servirebbero di certo le mie parole per decorare il trono su cui già risiede Breaking Bad, a un paio di settimane dalla conclusione tutti ne hanno parlato e continuano a farlo mostrando una venerazione totale che non si diversifica dalla mia, in fondo è impossibile muovere qualsiasi tipo di critica al capolavoro di Vince Gilligan e dire qualcosa che si differenzi da una sostanziale e assoluta opera d’arte che segna un nuovo traguardo, o meglio, segna la creazione di un nuovo modo di raccontare, qualcosa che travalica qualsiasi barriera televisiva/cinematografica per spiazzare ogni tipo di spettatore con una potenza devastante che nessun prodotto ha mai posseduto o, considerata la durata, mantenuto con una qualità costantemente in crescita, un’esponenziale progressione che non mostra tentennamenti, cedimenti o anche solo semplici riempitivi: nella sua visione complessiva e colossale Breaking Bad va solamente oltre, configurandosi come standard assoluto e di impossibile paragone, un moloch da digerire nella sua interezza come mai, mai, mai niente prima d’ora.
Si potrebbe forse parlare di una chiusura che non conferma la costante, imprevedibile cattiveria con cui Gilligan ha da sempre fortificato la sua epopea, uccidendo, seviziando, togliendo di mezzo senza mai porsi problemi, ma credo che la soddisfazione finale che si ricava dagli ultimi 50 minuti è merce rara e di valore inestimabile, è la quadratura sconvolgente del cerchio necessaria a tirare ogni singolo filo intrecciato. Nessuna apertura, nessun lasciato in sospeso, Breaking Bad si conclude semplicemente nella maniera perfetta, riservandosi comunque di dare un sadistico e ultimo colpo di coda con l’apeteosi di Ozymandias che, per quanto possa valere una simile misura, conserva una media di 10 netto su imdb con quasi 40.000 votanti, traccia però abbastanza significativa di come questa superlativa e impressionante qualità abbatta ogni cosa, anche la difficile convivenza di un pubblico caciarone che sulla bibbia del cinema non è mai valore indicativo di cui tener conto, e questo perché Breaking Bad ha conservato, a partire dalla seconda serie, un’impostazione fuori centro e di difficilissima collocazione, tanto per la critica quanto per il pubblico, che paradossalmente ama un prodotto lentissimo, divagante, dispersivo, che nella tv via cavo dovrebbe trovare solo interesse di nicchia e scontato favore critico, e che invece riunisce tutto e tutti come mai, mai, mai niente prima d’ora. La crescita psicologica di Walter White è forse il simbolo di una macchina, adesso sì, televisiva, diciamolo, che trae la sua forza dirompente proprio dal meccanismo episodico, nutrendosi di 45 minuti settimanali per offrire una mosaico complesso, sfaccettato e terribile eppure così crudo e realistico da non aver bisogno di cliffhanger e chiusure col botto (comunque presenti, si parla pur sempre di intrattenimento visivo) per rafforzare una personalità che da sola vale la visione di tutto quanto, carattere che probabilmente non avrebbe avuto la stessa espressività se non fosse stato Bryan Cranston a donare pelata, pizzetto e tenuta da professore, una prova, la sua, magistrale e incomparabile, che dovrebbe, e sarà, consacrata nel tempo: dai singhiozzi iniziali in cui confessava la malattia alla famiglia e trovava forza dalle spinte del figlio disabile, alle strafottente superiorità con cui mal gestiva un impero del crimine creato da un giorno all’altro conquistando Stati Uniti, Messico ed Europa, dal desiderio intimo di tenere per sé la sua famiglia riunendola in un quadro ingestibile e doloroso, all’impossibile ma necessaria sete di controllo che lo spinge a uccidere, ricattare, minacciare e trasformarsi in qualcosa che non è ma che deve essere, non c’è istante o fotogramma in cui l’abilità narrativa e registica di Vince Gilligan (momento divino il colloquio tra Skyler e Walter nell’ultimo episodio, un gioiello visivo di rara eleganza, così come la telefonata di lui a lei al termine del monumentale e già citato Ozymandias) vacilli di fronte a una storia, o meglio, a una psicologia tanto vasta e dettagliata, una storia che nasce già pensata fino alla conclusione e schematicamente suddivisa, non come succede di questi ultimi tempi dopo la schifezza-Lost, una storia che avanza come un carro armato, stendendo, scostando e investendo chiunque ma dimostrando un gusto e una capacità narrativa come mai, mai, mai prima d’ora.
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