Perché ringraziare Zucchero Fornaciari?
Un passo indietro: amo ballare, è il mio passatempo attivo preferito- nel senso che tutti i miei passatempi si fanno bene da seduti, tipo leggere, disegnare, guardare film, scrivere-.
No, non ho fatto un giorno di lezioni di classica, moderna, jazz, latino americano o altri generi. Neanche se esistessero corsi di punk/headbanging/industrial li avrei seguiti…o forse si. Qualcuno è interessato a creare un corso di ballo del genere?
Dai, cavolo, in America spopolano i corsi di danza col palo, e i corsi di burlesque sono arrivati anche qua, perché non imparare a ballare al meglio la musica rock/pop e metal? Dovrò fare un filmato a riguardo…
Comunque, non voglio deviare.
Io amo ballare e lo faccio non perché mi riesca bene, ma perché mi serve, mi diverte, e lo considero il miglior modo di passare il sabato sera.
Ma non riesco a muovere un passo se: ci sono balli di gruppo, o una persona vuole ballare con me, ma non c'è sintonia, o mi viene richiesta troppa attenzione, o mi trovo in discoteche troppo affollate.
C’è chi balla da sola, io lo faccio a casa. Nei locali sempre con una, e dico UNA amica fidata, con cui condivido i gusti musicali e resistenza.
Cosa difficile da trovare perché molte donne, anche se non lo ammettono, non sanno o odiano ballare. Di solito è l’uomo che viene tacciato d’immobilismo, perché si vergogna e tende a tenersi lontano dalla pista da ballo, anche se nel rock, accettando anche il semplice headbanging, molti più ragazzi si sentono a loro agio, sostituendo i passi con air guitar sfrenati o simili.
Comunque, poche ragazze amano davvero passare un’intera serata a ballare.
Negli anni, nella mia irregolare vita sociale, quelle che ho trovato soddisfacenti per me le ho potute contare sulle dita di una mano.
E ora, a trent’anni scoccati, con il mio gruppo di amicizie che si è sbriciolato, tra gente che se ne va, all’estero e non, e altri che rinunciano al dopocena, per una legge molto simile all’imprinting, che gli dice che arrivati i trenta bisogna essere seri- ma che serietà è se vivi ancora con i tuoi, o ti fai prepare i pasti, ma bandisci ogni divertimento? Più che altro si tratta di un incrocio di un bambino con un anziano- mi sono trovata a ridimensionare il mio modo di vivere il sabato sera.
Ma stasera, su Mtv Classic, passavano Zucchero. La canzone era “Il mare impetuoso al tramonto….”.
Grande canzone.
E mi sono ricordata quella che è la mia natura: se parte la musica che mi piace, non riesco a stare ferma, da sempre, da quando mio nonno fu costretto a trovarmi un banchetto più alto della sedia, perché se no, ad ogni gingol pubblicitario, scendevo dalla sedia per ballare, quando eravamo a tavola.
Zucchero, e soprattutto quella canzone, mi hanno riportato a quando, all’età di otto anni circa, un’estate, mio padre invitò i suoi amici a casa per una cena.
Dovete sapere che mio padre aveva degli amici particolari ,direi, che io adoravo, perché era l’equivalente di essere figlia di una rockstar, senza soldi e musica.
Mi spiego: gli amici di mio padre erano gogliardici, possiamo dire così, dei gran cazzoni divertenti, alternativi, senza essere troppo impegnati. Insomma, chi ha amici musicisti, ha capito il genere. E, almeno quando ero piccola, ogni tanto capitava di ritrovarsi. Per me era come avere il circo a casa. Quella sera, dopocena, ci spostammo al mare. Io andai con Zibidì e Merivì, e loro avevano la macchina decappottabile, e si rideva, e c’erano le stelle sopra la testa. Io ero solo una bambina, ma capii che quello era buono per me, il mio mondo. E, al balneare, c’era la musica, e ballamo, e da lì partì tutto.
Poi, in colonia dai preti (mio padre era ateo, ma mi ci mandava per stare con nonna) la sera si ballava e c’era sempre questa canzone, e a me partiva la brocca quando la sentivo.
Penso che un bambino non capisca il sesso, ma lo possa intuire. Quella canzone, come molto blues e rock, spieghi ad istinto molto sul sesso e le voglie, molto più di mille corsi informativi.
Per concludere, grazie Zucchero, perché stavo per rinunciare al mio divertimento; senza rendermi conto, davo retta allo stereotipo imperante qui da noi, che dopo i trenta, o a casa a giocare a carte, o a ballare latino americano, o sei uno sfigato che si intrufola tra i ragazzini. Io ci tengo molto a non perdere la mia dignità, risultando fuori luogo, ma non rinuncio a ciò che mi rende felice nel tempo libero. Come non deve rinunciarci il mio compagno, i cui amici che suonavano, o lo fanno fuori, per lavoro, o basta, perché è ora di crescere. Lui è cresciuto da un pezzo, e non deve dimostrare a nessuno la maturità che ha raggiunto. Lo ricordo quando tornava dalle prove con il suo gruppo: felice e scaricato dalle tensioni. Lo so, riniziare da capo è dura, in un’età di passaggio come la nostra ancor di più, e non ci voleva proprio per qualcuno che aveva già accantonato la sua passione per tanto tempo. Ma deve tenere duro, perché si può fare ciò che ci piace in modo appropriato, senza sembrare degli sfigati fuori tempo. E non bisogna rinunciarci, anche perché ho visto l’alternativa, e passare il resto dei miei fine settimana in un pub, con la birra come momento clou, e due chiacchiere stantìe, non mi va. E nemmeno piegare solo sulle cene casalinghe.Tutto è piacevole, e tutto si può fare. Ma io ho bisogno di una nuova amica con cui ballare i Rammestein, e Gia di un gruppo con cui spassarsi, senza per questo sentirci delle persone fuori luogo. E’ una vita che facciamo sacrifici, e penso che ci meritiamo di avere il coraggio di impostare la nostra vita sociale a modo nostro.