GRECIA: Bambini malnutriti e ospedali senza farmaci. Così il paese va al voto

Creato il 15 giugno 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 15 giugno 2012 in Grecia, Sudest with 4 Comments
di Matteo Zola

Che cos’è la crisi greca? Da questa sponda dello Ionio non è sempre facile capire. E nell’epoca dell’informazione diffusa ci troviamo ancora una volta di fronte a una carenza di elementi. La cronaca politica, inoltre, rischia di assordare la quotidiana fatica del popolo greco. Proviamo a mettere insieme alcuni dati cercando di vedere un po’ più in profondità, senza dimenticare che domenica 17 giugno si vota per il rinnovo del Parlamento dopo che le elezioni di poco più di un mese fa non sono riuscite a indicare una maggioranza di governo.

Si vota in un Paese nel quale il ministero della Pubblica istruzione ha riconosciuto casi di bambini malnutriti e ha provveduto alla distribuzione di «piccoli pasti» a diciotto istituti che hanno sede nei quartieri più disagiati di Atene.  Lo scrive Argiris Panagopoulos, corrispondente per il Manifesto. Il fatto è che nemmeno il ministero ha soldi. E accettare la presenza di bambini malnutriti non è stato facile: il ministro all’Istruzione, Anna Diamantopoulou, ha ripetutamente negato la realtà ma poi ha dovuto cedere sotto le pressioni dei presidi e degli insegnanti, delle associazioni e dei media.

Seppur tardivamente, anche il ministero della Sanità si è mosso cercando di portare sostegno alle famiglie onde prevenire la malnutrizione dei più piccoli. Sono 439mila, secondo i dati Unicef, i bambini greci che soffrono la fame. Ma cosa può fare un Paese dove mancano i farmaci? Già, i farmaci. Scrive Margherita Dean, corrispondente da Atene per E-il mensile di Emergency: “La situazione di ospedali e malati in Grecia è disperata, per via della penuria, o mancanza, di farmaci e materiale medico. I fornitori, cui lo Stato greco deve 150 milioni, hanno deciso di interrompere l’approvvigionamento a credito degli ospedali – per sei dei quali, i più grandi del Paese, hanno deciso di imporre un vero e proprio embargo – e, dal 5 giugno, le strutture pubbliche che vorranno materiale medico e medicinali dovranno saldare al momento della consegna”.

Mancano i farmaci anche per i malati terminali, gravi, oncologici. Scrive ancora la Dean: ” i farmaci più costosi, quelli oncologici, erano pressoché introvabili per mesi, cosa che ha lungamente costretto i malati a cercarli in tutti gli ospedali, le cui farmacie sono, per legge, le uniche a poterli distribuire. Per cifre astronomiche, la cura doveva essere ordinata e pagata di tasca propria, mentre scarseggiano anche i vaccini per bambini”.

L’allarme sanitario è serio. Molte persone vivono per strada nei quartieri più poveri di Atene. L’Istituto di statistica ellenico (Elstat) ha reso noto che il tasso di disoccupazione ha toccato un altro massimo storico salendo al 22,6% e mancano 260 milioni di euro per pagare i sussidi di disoccupazione. L’Istituto di previdenza sociale dichiara che a rischio ci sono anche le pensioni di anzianità, a dirlo è Antonis Roupakiotis, ministro ad interim del Lavoro e della Previdenza Sociale.

Quel che più sgomenta, a vederla da qui, è l’impotenza. Non può nulla lo Stato, non può nulla la gente, non può nulla la politica. E nemmeno l’Europa sembra più potere nulla. Domenica si vota. E che accadrà? Chiunque uscirà vincitore dalle urne si troverà di fronte a un compito delicatissimo: lo Stato greco è allo sfascio all’interno e ricattabile all’esterno. I sondaggi (vietati in Grecia sotto elezioni, si tratta quindi di dati ufficiosi) danno in testa la sinistra del partito Syriza, guidato dal giovane Alexis Tsipras che ha recentemente dichiarato che una sua vittoria: “significherà la fine del Memorandum” con cui i creditori internazionali hanno concesso gli aiuti alla Grecia ma il suo leader, Alexis Tsipras, è pronto a rinegoziare un nuovo accordo con Ue e Fmi. Ormai i partiti greci si dividono in pro e contro Memorandum.

Syriza e Nea Demokratia, il futuro e il passato, contrari e favorevoli al Memorandum, coraggio e paura di cambiare. Sembra essere questa la sfida cui è chiamata la Grecia. Il 25 giugno scorso Christine Lagarde, presidente del Fmi, ha dichiarato di “non provare compassione per i greci” che, nella situazione in cui sono, ci sono finiti da soli. E se una parte grande delle responsabilità del crack è da imputare ai greci (perché esiste, infine, una responsabilità collettiva; perché qualcuno quei politici li ha pur votati; perché a evadere le tasse sarà pur stato qualcuno) non è possibile oggi chiudere gli occhi in nome di un sant’arrangiati egoista e pavido.

Sì, i greci hanno delle colpe, ma l’espiazione non serve: la catarsi del dolore attraverso cui l’Europa vuole mondarsi è un cieco modo di affrontare la Storia. E reiterarla. Possiamo salvarci, lo possono i greci, senza il sacrificio? Sì, se si trova un’alternativa all’attuale modus pensandi della nostra civiltà, diviso tra la sete del martirio e quella del denaro. Un’alternativa, politica ed economica, al liberismo. Un’alternativa sociale che qui possiamo solo vocare, anche noi troppo stupidi e impotenti. Ma pretendere qualcosa di diverso, poterlo pensare, chiedere un dibattito pubblico tra politici, intellettuali, cittadini, che abbia come oggetto il nostro futuro, forse è già un’alternativa. Forse.

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