Di Claudio Marsilio
In Italia siamo abituati a far passare le sconfitte da vittorie, e le tragedie da occasioni di riscatto; quindi nessuno si scandalizza o si fa venire dei dubbi circa l’euforia dei “mercati” e della stampa nazionale sul dimezzamento del debito greco e l’accettazione degli “swap” da parte degli investitori, addirittura – dicono esaltati i commentatori nostrani – ben oltre il 74% previsto, raggiungendo un entusiastico, plebiscitario 95,7!
I titoli dei giornali spaziano da un: “Atene salva, scansata la minaccia default”, ad un altro roboante “La Grecia è salva: sì al piano sul debito” ( Il Tempo ) …
Insomma, un piano che obbliga i creditori a rimetterci il 70% del proprio investimento ( questo succede: un taglio secco del 50 sugli interessi e l’accettazione di altri titoli con un rendimento a 10,20 anni con un tasso più basso ) viene spacciato come un “successo”.
Il classico successo alla Mario Monti, per intenderci ( “l’euro è stato un successo, soprattutto per la Grecia” disse Bin Loden nella trasmissione di Gad Lerner di qualche tempo fa ).
In realtà, i cinesi – che quando si tratta d’affari non guardano in faccia a nessuno – attraverso la loro agenzia di rating Dagong, hanno appena declassato il debito pubblico greco ( anche il nuovo swap appena approvato ) da “C” a “D”, di default.
Cos’altro potrebbe essere se non un fallimento, quello appena licenziato?
Gli investitori privati che non hanno accettato il piano PSI ( Private sector involvement )hanno dovuto subire l’iniziativa del governo greco, che ha fatto scattare le clausole di azione collettiva: L’Agenzia per il debito ha, infatti, minacciosamente dichiarato che: “la Grecia non contempla la possibilità di mettere a disposizione risorse per i creditori privati che non aderiranno al PSI” e che “date le proposte di variazione alla legge greca per l’emissione di titoli di Stato, Atene intende dichiarare le modifiche come effettive e vincolanti per tutti i detentori di obbligazioni”.
Per i detentori delle obbligazioni attuali, ma anche per quelle passate. Il che, in soldoni, significa che il Governo di Papademos non ha una lira – pardon, una dracma! – per pagare, quindi o si accetta questa minestra, o si salta dalla finestra.
“Vuoi sapere qual è la procedura? Io i soldi non li caccio e tu non li becchi!” ( Marchese del Grillo, all’indirizzo dell’ebreo Aronne Piperno )
Aronne Piperno
Scherzi a parte, ora il rischio vero – di fronte a questo default, diciamo così, controllato – è che gli investitori internazionali che possiedono Credit Default Swaps ( le assicurazioni contro il rischio di fallimento dei paesi sovrani ) ricadenti sotto la legislazione britannica e non greca reclamino il pagamento delle polizze a scadenza, quelle cioè che scatteranno a partire dal 20 marzo prossimo, quando arriveranno a scadenza i bond greci.
Perché in tal caso chi li caccerà i soldi per onorare quelle assicurazioni? Ma per ora non parliamo di questo scenario da incubo. Restiamo nell’alveo del “salvataggio del debito greco”.
La Grecia assicura i creditori che riceveranno nuovi bond con un valore pari al 31,5% di quelli attualmente detenuti con un tasso del 2% fino al 2015, del 3% fino al 2020, del 4,3% fino al 2042. Insomma, trent’anni per riprendersi i soldi investiti su Atene. Dov’è la convenienza? Non c’è, ma la crisi greca rischiava di travolgere l’Europa.
Che, guarda un po’, è un importo superiore all’1% del Pil; rischiamo quindi di vedere salire il nostro rapporto debito/Pil oltre il 121%, che non è un buon segnale in vista del Fiscal Compact che ci impone un rientro graduale verso il 60%.
Insomma, noi ci facciamo – tecnicamente e tecnocraticamente parlando – la solita figura da fessi, mentre i Tedeschi fanno la solita figura da furbastri ( furbastri perché furbi a breve, fessi irrecuperabili a lungo ) dato che ci hanno guadagnato due volte dalla crisi greca: una prima, rallentando le decisioni sul “salvataggio” in modo da consentire alle proprie banche di liberarsi dei bond greci con il minor danno; una seconda, perché il proprio titolo di debito, il Bund, è diventato di fatto un bene rifugio e parametro d’ogni virtuosità finanziaria in ambito europeo. Manco fosse oro.
Tra i “nostri” istituti, invece, le Generali hanno perso 328 milioni, Intesa San paolo 593 e Unicredit 316. Si consoleranno con i mille miliardi prestati dalla Bce alle banche per tre anni con un tasso all’1%, mentre i loro ex-manager oggi ricoprono importanti ruoli da ministro!
Neanche la Direttrice del FMI, Christine Lagarde lo capisce. Infatti lancia un mafioso avvertimento agli speculatori in tutto il mondo: “Non scommetterei contro l’Italia” in quanto le misure adottate dal governo ( scusate! ) Monti sono – come sappiamo tutti – “impressionanti”. Chi ha infatti scommesso cifre importanti sul fallimento della Grecia e non si vede rimborsare il rischio, potrebbe essere tentato di recuperarli altrove, con esiti devastanti, nel caso dell’Italia.
Per farla breve: cosa ci insegna questa situazione al limite dell’assurdo?
Una serie di cose istruttive.
La prima: quando una nazione non ce la fa più a pagare, può fallire.
La maggior parte di loro ha infatti giocato solo d’azzardo, con soldi non propri, e non stanno perdendo nulla.
I greci invece, hanno perso tutto. Per i prossimi 30 anni.
La seconda: la crisi sistemica è rimandata di qualche mese. Il fondo ESFS ( chiamato nella lingua di legno europea “salva-stati” ) non salva proprio nessuno, in quanto gli Stati che lo compongono hanno subìto un declassamento ( la Francia ) del proprio rating, e devono finanziarlo ( il Fondo ) privandosi di risorse che contribuiscono ad impennare il proprio rapporto deficit/PIL, subendo possibili sanzioni dal patto Fiscal Compact. Un corto circuito degno dei migliori professori della Bocconi…
La terza: i tedeschi stanno per affossare definitivamente e per la terza volta l’Europa, a causa della loro rigidità e ottusità. Proprio come dice Farage in uno dei suoi strabilianti interventi al Parlamento Europeo.
Quarta e per ora ultima: in Italia non esiste giornalismo. Non c’è informazione: esiste solo conformismo complice, a tutti i livelli.
E questa per noi è una grande tragedia, una tragedia greca.