GRECIA: Il regalo di Papandreu

Creato il 03 novembre 2011 da Eastjournal @EaSTJournal

di Matteo Zola

In queste ore si inseguono voci: il referendum non si farà, Papandreu si dimetterà, il governo cadrà, la Grecia uscirà dall’euro, oppure no. Papandreu, il premier greco che sta spaccando l’Europa, è diventato in poche ore un eroe per buona parte dell’opinione pubblica continentale che vede nel referendum un gesto democratico: far decidere ai cittadini – e non al direttorio europeo – fino a che punto vogliono pagare la crisi. Per i detrattori Papandreu è un suicida, un “muoia Sansone con tutti i filistei”: il referendum potrebbe causare l’uscita dall’euromoneta della Grecia innescando una violenta crisi che coinvolgerebbe l’Europa intera con gravi conseguenze per le generazioni future greche ed europee. La verità forse sta nel mezzo.

Papandreu non è un populista né un demagogo: si è fatto carico di scelte impopolari senza badare ai sondaggi. Quando la crisi ha acceso le piazze ha reagito con durezza (forse troppa) ma senza eccessi polizieschi. Ha tenuto, nei suoi due anni di governo, un comportamento responsabile con l’Europa. Ha chiesto (senza successo) all’opposizione di entrare nel governo per gestire la crisi invece di soffiare sul fuoco del malcontento. La sua maggioranza l’ha appoggiato con sempre più fatica. Ora, in cambio dei 130 milioni di euro, gli è stato chiesto di licenziare 30mila persone. Il taglio del 50% sul debito, deciso il 26 ottobre scorso, che ridurrà il Pil al 120% nel 2020, non risolve nessuno dei problemi greci. Sarà comunque un debito troppo alto, e poi che fare fino a quella data? Continuare a massacrare il paese?

Quella del referendum è stata l’unica possibilità di scompaginare, di ottenere dall’Europa un trattamento più morbido di fronte allo spauracchio del fallimento di tutta l’eurozona per mano greca. Contrariamente a quanto pensava chi scrive, Merkel e Sarkozy gli hanno risposto picche. E adesso? Mandare in fumo gli sforzi fatti finora? Uscire dall’euro vuol dire default ordinario, fallimento insomma.

Il fatto è che all’Unione Europea non sembra fregargli nulla della Grecia. Il direttorio franco-tedesco tiene le briglie: i sacrifici economici più grandi per costruire l’Europa sono stati fatti da Berlino e Parigi, la loro guida è nell’ordine delle cose. Però al direttorio preme molto di salvare le proprie banche, forse troppo. Allora una critica si può fare.

La scelta del referendum appare scellerata, Papandreu rischia di distruggere il sogno europeo. Cosa ne resterebbe, infatti, dopo la cacciata di Atene? Cosa si salverebbe del solidarismo su cui l’Unione è nata? Probabilmente nulla. La scelta di Papandreu però mette a nudo la triste verità: l’Unione Europea è da tempo che non fa sognare nessuno. Fin qui le grandi decisioni europee sono state prese dai capi di governo, fin qui l’Unione Europea è stata poco democratica. Le stesse istituzioni europee non sono “democratiche” nel senso che non sono sufficientemente rappresentative.


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