Lo spiega Jacques Sapir nel post che segue che ho ripreso da Voci dall'Estero, e nel quale giunge alla conclusione che la Grecia dovrà abbandonare la moneta unica. di Jacques Sapir, 21 febbraio 2015 L’accordo raggiunto venerdì 20 febbraio tra la Grecia e l’Eurogruppo suscita commenti contrastanti. Per comprendere questo accordo e per analizzarlo è necessario situarlo nel suo contesto, sia nel breve che nel lungo termine. Un accordo temporaneo Questo accordo aveva lo scopo di evitare una crisi immediata. Il governo di Alexis Tsipras vi si era impegnato. Una crisi a meno di un mese dall’ascesa al potere probabilmente avrebbe provocato il caos. Inoltre, l’accordo merita di essere considerato nei dettagli. C’è molto di più di quello che dice Paul Krugman nel suo post per il New York Times. In realtà, la Grecia ha ottenuto diverse cose: 1. La Grecia non è più obbligata a raggiungere quest’anno un avanzo primario di bilancio del 3%. È richiesto solo il pareggio. 2. Il “contratto” della durata di quattro mesi è espressamente designato come una transizione verso un nuovo accordo, che naturalmente resta da definire. 3. La “Troika” non esiste più in quanto istituzione, anche se ciascuna delle sue componenti continua ad esistere. Non si parla dunque più di quelle squadre di uomini in nero che venivano ad Atene a dettare le loro condizioni. 4. Ora sarà la Grecia a scrivere l’agenda delle riforme, e la scriverà da sola. Le istituzioni daranno il loro parere, ma non potranno più imporre ad Atene un aspetto o l’altro di queste riforme in maniera imperativa. Un vantaggio meno evidente è che il governo greco ha infranto l’unanimità di facciata dell’Eurogruppo e ha costretto la Germania a manifestare le sue posizioni. Tuttavia, la Grecia ha accettato di riconoscere – per il momento – tutti i suoi debiti. Non c’è stato alcun progresso su questo, e nessun segno di un cambiamento di atteggiamento da parte della Germania. Un successo limitato. Ma questo successo è limitato. Tra quattro mesi, alla fine di giugno, il governo greco sarà nuovamente a confronto con l’Eurogruppo, e questa volta non sarà una trattativa facile. Il governo di Atene proporrà delle riforme, è probabile che aumenteranno la pressione fiscale sulle categorie privilegiate, e il contenzioso con l’Eurogruppo e la Germania si accentuerà. In effetti, la Germania non potrà cedere, e nemmeno il governo greco. Questo implica che stiamo andando incontro ad un nuovo scontro, a meno che da qui ad allora emerga un’ “alleanza” anti-tedesca. Questa è la speranza di Tsipras, ma su questo sbaglia. I governi francese e italiano sono in realtà allineati sulle posizioni tedesche. Eppure, l’idea di utilizzare gli importi stanziati per il rimborso del debito (capitale e interessi) per rilanciare l’economia greca e aumentare gli investimenti, crollati a un minimo record, ha un senso.
Lo spiega Jacques Sapir nel post che segue che ho ripreso da Voci dall'Estero, e nel quale giunge alla conclusione che la Grecia dovrà abbandonare la moneta unica. di Jacques Sapir, 21 febbraio 2015 L’accordo raggiunto venerdì 20 febbraio tra la Grecia e l’Eurogruppo suscita commenti contrastanti. Per comprendere questo accordo e per analizzarlo è necessario situarlo nel suo contesto, sia nel breve che nel lungo termine. Un accordo temporaneo Questo accordo aveva lo scopo di evitare una crisi immediata. Il governo di Alexis Tsipras vi si era impegnato. Una crisi a meno di un mese dall’ascesa al potere probabilmente avrebbe provocato il caos. Inoltre, l’accordo merita di essere considerato nei dettagli. C’è molto di più di quello che dice Paul Krugman nel suo post per il New York Times. In realtà, la Grecia ha ottenuto diverse cose: 1. La Grecia non è più obbligata a raggiungere quest’anno un avanzo primario di bilancio del 3%. È richiesto solo il pareggio. 2. Il “contratto” della durata di quattro mesi è espressamente designato come una transizione verso un nuovo accordo, che naturalmente resta da definire. 3. La “Troika” non esiste più in quanto istituzione, anche se ciascuna delle sue componenti continua ad esistere. Non si parla dunque più di quelle squadre di uomini in nero che venivano ad Atene a dettare le loro condizioni. 4. Ora sarà la Grecia a scrivere l’agenda delle riforme, e la scriverà da sola. Le istituzioni daranno il loro parere, ma non potranno più imporre ad Atene un aspetto o l’altro di queste riforme in maniera imperativa. Un vantaggio meno evidente è che il governo greco ha infranto l’unanimità di facciata dell’Eurogruppo e ha costretto la Germania a manifestare le sue posizioni. Tuttavia, la Grecia ha accettato di riconoscere – per il momento – tutti i suoi debiti. Non c’è stato alcun progresso su questo, e nessun segno di un cambiamento di atteggiamento da parte della Germania. Un successo limitato. Ma questo successo è limitato. Tra quattro mesi, alla fine di giugno, il governo greco sarà nuovamente a confronto con l’Eurogruppo, e questa volta non sarà una trattativa facile. Il governo di Atene proporrà delle riforme, è probabile che aumenteranno la pressione fiscale sulle categorie privilegiate, e il contenzioso con l’Eurogruppo e la Germania si accentuerà. In effetti, la Germania non potrà cedere, e nemmeno il governo greco. Questo implica che stiamo andando incontro ad un nuovo scontro, a meno che da qui ad allora emerga un’ “alleanza” anti-tedesca. Questa è la speranza di Tsipras, ma su questo sbaglia. I governi francese e italiano sono in realtà allineati sulle posizioni tedesche. Eppure, l’idea di utilizzare gli importi stanziati per il rimborso del debito (capitale e interessi) per rilanciare l’economia greca e aumentare gli investimenti, crollati a un minimo record, ha un senso.
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