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Green economy

Da Parolesemplici

Green economyIl rosso lamiera, da arrogante, sbiadisce senza decidere. Il giallo sporca, accontentandosi di riflessi, il blù sfuma verso l’avio e solo il grigio impavido resiste. Per lui sporco è già aggettivo identificativo, ma in realtà, attende spray misericordiosi di segno e di colore. Banali anch’essi nella loro ripetitività, Basquiat da queste parte non ha avuto eredi, solo l’inox, freddo nobile conscio, ostenta: non ha mai legato con nessuno.

La pioggia lava e il verde d’alberi, erba ed edera, rifulge. Colore un tempo difficile, il verde, ora sembra amico mentre evoca e mistifica. Non lui, ma le architetture, i passaggi d’alluminio e acciaio, i vetri sporchi, le strutture nate ruggini. Non acciaio corten, proprio ferro da fonderia, ferrazzo da rifusione e ganga, perché non è più tempo d’esili colonnine di ghisa, di pensieri da forgia. Tutto s’è seppellito nel secolo breve. Breve e ricco, Di visionari, fabbri d’anime e strumenti, note, parole, invenzioni, testi. Allora sì, fare pensieri multimediali e rappresentarli in piani scorrevoli tra loro, anche nell’intersecarsi, era complicato.

Vi do una cattiva notizia: è stato inventato tutto nei concetti fondamentali, adesso va di moda l’evoluzione del dettaglio. Qualche spirito libero s’esercita nel deserto: non farà danno. Basta lasciarlo dov’è, difficile da raggiungere anche per i curiosi. Vedete, guardatevi dentro, s’è perso l’elogio del brutto, del possente, dell’ordinato, del meccano che dalle teste trasmetteva moti oculari. La torre Eiffel è brutta, è un ammasso di ferraglia, basta finalmente dirlo, anche il colosseo è un ammasso di pietre squadrate, e San Pietro è sproporzionato per la vista e piccolo per l’ambizione di contenere le anime. Ma non sono banali- Perché elogiare il banale e prendersela solo con i monumenti ridicoli contemporanei? Prendetevela con il bello che non nasce, chiedetevi perché. Alemanno ha accettato un monumento banale? Colpa sua. Come si educa l’artista, se non si rifiuta. L’elogio del brutto è processo consapevole, militanza, fatica, ed invece anime tiepide, accettano, non dicono, si astengono, si voltano altrove. Per convenienza, mica per altro.

Possiamo continuare e dire che la caban di Le Courbusier è il nostro sogno, perché i sogni sono domestici, e nei geni sono ancora più domestici. Solo chi non ha sogni, ma solo voglie e desideri, deve rivestirli d’infinite pietre, d’infinite scopate, d’infinite finte trasgressioni. Nella furia iconoclasta della giovinezza tentammo di togliere lo champagne al genio, a Strawinsky o Picasso o Gadda o Hemingway, ma erano già morti, e per fortuna non se ne accorsero. Neppure le star intelligenti d’allora se ne accorsero, mettendo allegramente i fegati sotto alcool e chiacchere.

Basta non è tempo d’iconoclasti. Adesso è il verde che evolve e lega il pensiero, quello furbo e quello disinteressato. Ed io, che non ci penso, mi commuovo davanti ad un tiglio, al suo profumo. Lo ringrazio di nobilitare scelte di appalti a valore apparente e decrementante.

Vi do una buona notizia:  stato inventato tutto, basta legare e perfezionare, leggere finalmente i manuali accumulati, adoperare le release esistenti, aspettare che i bambini crescano anziché buttarli via con i catini. Si può far fallire la apple, la bmw, la mondadori, la sony, il consumismo. Leggere tutto, sfruttare i sistemi operativi, andare al cinema, ascoltare musica dal vivo.

Il verde lega e nobilita, perfeziona legni, giri di vite e colle. Se si calpesta è tollerante, se ci si adagia è meglio.

E’ verde e se si guardano i conti non è neppure tanto economy, è la strada. Una strada. E tanto basta per mappare e ricostruire il mondo, così che sembri nuovo. Ma qual’è il bilancio vero  di questo verde che riempie le bocche? Su questo, come su molto altro, bisogna svoltare l’angolo dell’apparenza, puntare alla sostanza delle cose, accettarne la durata. Pensateci, green economy è accettare la durata e la funzione delle cose, siete pronti?

p.s. el me par novo. Mi sembra nuovo. Non ci sarà mai nulla di così forte nella lingua come il dialetto e parere è un verbo nobile, anche nella negazione.


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