Grexit? E se invece ridiscutessimo Maastricht...

Da Lorenzorobertoquaglia

I firmatari del trattato di Maastricht


Dalle prime avvisaglie della crisi che ha scosso l'eurozona sono passati poco più di tre anni. A fine 2011 oltre la Grecia, anche Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda erano sull'orlo del baratro finanziario e avevano urgente bisogno di riforme strutturali che rimettessero in carreggiata i rispettivi Paesi. 
Ad oggi, solo la Grecia non è riuscita a porre in essere quelle riforme strutturali che, più o meno, hanno posto in atto gli altri Paesi riuscendo a togliersi dall'occhio del ciclone della triade (Commissione Europea, BCE e Fondo Monetario).
Potremmo scrivere migliaia di parole sulle ragioni per le quali la Grecia non sia riuscita nell'intento ed ognuno di noi potrebbe esprimere in merito il proprio parere che, da un punto di vista di logica economica, potrebbe avere o non avere un suo fondamento, un suo valore.
Vogliamo dire che sul caso Grecia tutti, dai politici locali agli economisti di fama internazionale, dai politici europei al popolo greco, tutti hanno commesso degli errori, di analisi, di studio, di prospettiva, di impegno civile, di mancanza di volontà; anche se però non tutti ne pagheranno le conseguenze nel caso la situazione dovesse degenerare. 
Ma detto ciò, non è sui motivi che hanno spinto la situazione sino al punto dove adesso si trova, l'orlo di un burrone, che vorremmo concentrarci, bensì a questo punto su come uscire da questo vicolo cieco e dove ri-orientare il cammino europeo.
L'Europa, insieme alla Grecia, appare ormai giunta ad un punto di non ritorno. Come si risolverà la crisi greca avrà infatti ripercussioni sul modo di concepire e pensare da oggi in avanti l'Unione europea. 
In una logica mercantilistica e affaristica, in tutto il mondo, il socio di minoranza che non si allinea, ma anzi si mette di traverso al volere della maggioranza, viene liquidato ed esce dalla società. Tradotto, la Grecia che conta circa il 3% del PIL dell'Unione, o si adegua ai diktat della triade oppure può tranquillamente dirigersi verso l'uscita. Questa posizione è molto diffusa in diversi ambiti e gruppi economici e finanziari europei.
Ma è questa l'Unione europea che abbiamo costruito e che vogliamo? Ciò che contano oggi in Europa sono solo ed esclusivamente gli interessi economici? In Europa oggi comandano i finanzieri e gli industriali oppure insieme alle Istituzioni europee elette con il suffragio universale (a dir la verità solo il Parlamento europeo) vi sono altre logiche, altre politiche che devono essere considerate quando si affronta la crisi greca?
Perché questo è lo snodo centrale di una situazione che appare ingarbugliata sino all'inverosimile dal punto di vista giuridico e finanziario, ma che si può risolvere in mezz'ora se c'è la volontà politica di guardarla con altri occhi.
I politici europei che siedono in queste ore nei palazzi che contano hanno davanti a loro la possibilità di compiere una scelta che passerà alla storia: irrigidirsi sulle proposte di austerity nei confronti della Grecia, arrivando alla rottura delle trattative (lasciamo perdere di chi sarebbe la “colpa” finale che rappresenta un discorso sterile) oppure rimettere in discussione i parametri (valevoli per tutte le nazioni europee) e le condizioni che regolano i rapporti economici e finanziari degli Stati all'interno della UE (ridiscutere Maastricht per intenderci).
Il motivo per fare ciò: perché i valori che hanno portato all'idea di unità europea, i valori di pace, sussidiarietà, fratellanza, amicizia tra i popoli, perché il periodo di tempo più lungo di prosperità e pace che l'Europa ha vissuto negli ultimi settant'anni, sono più forti e valgono infinite volte di più di un parametro finanziario pensato da un burocrate con l'ausilio di un computer.
Poi, ci si mette tutti intorno ad un tavolo e si discutono le cose da fare e come aiutare, oggi la Grecia, domani qualcun altro, a risalire la china.
Mai come oggi si sente la mancanza di quella Costituzione europea che non vide mai la luce e che se si fosse riusciti a varare, ci avrebbe potuto indicare la rotta da seguire in casi come quello che stiamo attraversando. 
Di un’Unione che predilige un parametro matematico alla salvezza di una Nazione francamente non abbiamo bisogno.

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