Magazine Opinioni
(Non è la prima volta che Schultz prende posizioni su temi sociali e politici, assumendo iniziative di questo genere - Quartz le ha raccolte in breve. In quest'ultima occasione ha sottolineato che "il popolo americano non ha alcuna piattaforma con cui esprimere la propria frustrazione", per spiegare il suo scopo).
Spunto di ragionamento, la petizione, per provare a capire da dietro le motivazioni di fondo che hanno portato allo shutdown americano. Stando ovviamente al di là del fatto che tutto è dovuto a ragioni politiche - di modi di vedere, di concepire, di vivere da sempre, di programmare e progettare, la politica - c'è però una questione diciamo tecnica-costituzionale che permette il realizzarsi di situazioni del genere.
Tutto nasce da come James Madison - e gli altri - hanno concepito il marchingegno statale, profondamente fondato su un'inossidabile divisione dei poteri, spinta dalla paura della concentrazione dell'autorità politica, senza distinzione che si tratti di un tiranno, un dittatore o un qualche genere di majority rule legislativa.
Il potere esecutivo rappresentato dal Presidente e quello legislativo scaturito dai due rami del Congresso, hanno addirittura fasi legittimanti differenti ed elettori differenti. Il Presidente viene eletto con il metodo indiretto attraverso un procedimento un po' complicato, che vede la delega popolare affidata ai grandi elettori, eccetera - si andrebbe off topic e poi Wikipedia ha una spiegazione ben fatta. I Senatori sono invece eletti da collegi unici statali, mentre i membri della Camera dei rappresentati, in collegi più piccoli intra-statali. Anche i tempi delle elezioni sono diversi: il Presidente si vota ogni quattro anni in novembre, i rappresentati ogni due anni, i senatori ogni sei (anche se in realtà le scadenze dei mandati sono distribuite nel tempo con un sistema di classi, in modo che un terzo dei senatori siano continuamente rinnovati ogni due anni) - il rinnovo dei delegati al Congresso, prende il noto nome di elezioni di "mid term".
Questo sistema se da un lato porta a un'assoluta separazione tra i ruoli - e poteri - anche attraverso rinnovi delle cariche in momenti storici diversi, dall'altro ha il grosso problema della possibilità del divide government: cioè la circostanza in cui i due rami del parlamento e il presidente siano di colore politico diverso. Attualmente il 113° Congresso degli Stati Uniti è composto in Senato da 52 democratici e 46 repubblicani (con 2 indipendenti, ma affiliati al caucus democratico), mentre alla Camera da 201 democratici e 234 repubblicani. Tale fatto è abbastanza ricorrente nella storia del paese, e normalmente viene risolto attraverso concordati dinamici su ogni singola misura. Se così non è, si crea il gridlock, lo stallo, il blocco del sistema. Con il Congresso fermo, il ruolo del presidente può essere soltanto quello di mediatore tra le parti.
Non esiste una soluzione costituzionale per risolvere la questione; l'unico metodo per sbloccarla è il cedimento politico di una dei due partiti. In questo momento, come si è più volte detto, ancora non si è arrivati a nessun genere di compromesso, con la figura di Obama - presidente odiatissimo dai repubblicani - che non è di sicuro d'aiuto a risolvere il problema. Specie in questa fase, dove in gioco c'è un gran bel pezzo dell'anima del suo doppio mandato: l'Obamacare, osteggiato dai repubblicani e sul quale il presidente non accetta compromessi (almeno finora).
Fin qui la questione tecnica - spiegata magari in via sommaria e tagliata con l'accetta. Ma può succedere che l'aspetto politico a cui si faceva cenno in apertura e l'aspetto tecnico si fondano, dando luogo ad un incastro ancora più difficile da risolvere.
Nella fattispecie attuale, ci si trova in un contesto del genere. Proviamo a vedere il perché.
I collegi elettivi dei Rappresentati, sono ridisegnati geograficamente ogni dieci anni (dopo l'analisi di un censimento che ricostruisce gli spostamenti delle popolazione); tale operazione nota come redistricting o districting, viene fatta indipendentemente dai singoli stati, senza il controllo federale - in nome proprio del federalismo. Questo significa che la decisione sui nuovi confini spetta alle assemblee legislative statali, e cioè ai partiti di maggioranza; va da sé che storicamente ci sia stata un certa fantasia nelle perimetrazioni, includendo, anche senza troppa continuità logica, le area elettoralmente più favorevoli al proprio partito nella divisione territoriale, per trarne poi vantaggio in sede di elezioni.
L'ultimo censimento è datato 2010: i repubblicani - che hanno il controllo totale in 25 stati - hanno creato come da prassi collegi assolutamente benevoli ai propri candidati, includendoci all'interno classi elettorali strutturalmente a loro favorevoli. Grazie a questa operazione, il Gop ha mantenuto nel 2012 la maggioranza dei seggi, nonostante il voto contrario della popolazione americana (i democratici avevano raggiunto il 52% dei voti totali).
Ora la questione che si pone, e che si era accennata in qualche post precedente, riguarda proprio la convivenza intra-repubblicana all'interno dei propri collegi. Già, perché con le ultime elezioni, il Tea Party ha preso notevolmente piede ed ora i delegati repubblicani più moderati cominciano a temere la possibilità che un candidato più radicale possa scalzarli proprio in casa, all'interno del collegio.
Situazione politica, al limite del sociale, che spiega la posizione intransigente verso il blocco di alcuni membri del Congresso. Passaggio politico, di immagine, di comunicazione, per trasmettere alla propria costituency che non c'è necessità di cercare candidati più "di destra".
Circostanza che si infanga della sopravvivenza politica, della legge della giungla - addirittura interna ad un partito. Ma che tiene sotto scacco un'intera nazione e complica col lato cinicamente umano delle cose, quello che già la costituzione ha reso tecnicamente abbastanza complesso.
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