Non è sparita. O meglio, un po’ sì: ingoiata dai labirinti di una Praga magica nella quale si è recata, in gita, la settimana scorsa (e nella quale non rimetteva piede da tanti, tanti anni, e allora c’erano Viola e l’Amico Scrittore, sul ponte Carlo, con la giovinezza sfacciata dei vent’anni); insieme ai Merry Men, ai redivivi Maculati piccoli (che sono un po’ ex, oramai definitivamente), e ad altre due classi sostanzialmente sconosciute per quanto riguarda la didattica; condividendo l’esperienza di accompagnatori con Mr. House (ed è stata una scommessa) e l’Ingegnera Tosta; e con la presenza straordinaria di Mr. e Mrs. Mifflin (sì, proprio loro, così dal nulla), i quali, seguendo un impulso di sceneggiatura un poco folle, hanno deciso, alla fine di gennaio scorso, di unirsi, imprevedibili, alla trama.
Il risultato di questo impasto, di partenza così strambo, sono stati cinque giorni splendidi proprio perché imperfetti; e non nel significato di “meno belli”, ma di quelli che danno il senso dell’esperienza, fisica, e proprio per questo intensissima e terrestre, dell’animale umano.
A partire dal primo giorno (quando il Maculato Omonimo ha dimenticato la carta di identità a casa, ed è stato raggiunto in extremis dal suo babbo sul filo del decollo) fino all’estremo minuto dell’ultimo (quando un alunno dei cinque Corvonero è stato chiamato alla dogana, dopo il ritiro dei bagagli), la ‘povna e i suoi compagni si sono confrontati con probabilità e imprevisti, così come accade quando si parte in tanti, e ogni volta hanno risposto mostrando la loro voglia di interpretare il viaggio, con ciò rendendo ogni avvenimento, per sé e per tutti, un’occasione di racconto e di piacere.
L’organizzazione impeccabile di Mr. House, il talento da guida della ‘povna (che, nel tentativo di spiegare nel modo migliore tutto a tutti, ha lasciato infine la voce a Starometska), lo spirito acuto, conciliante e pratico dell’Ingegnera Tosta (una persona con il dono raro di saper trarre da chi le sta intorno sempre il meglio) si sono fuse in un’alchimia che è stato solo giusta. E pazienza se, per mostrarsi compatti nei confronti degli alunni, ciascuno di loro ha dovuto fare, giorno per giorno, un passo indietro consapevole, rispetto allo stile di scuola che gli è proprio.
“E’ stato bellissimo” – hanno esclamato i Merry Men all’unisono, sulla soglia del ritorno, sospirosi e sorridenti. “Quindici quindicesimi” (ché loro e la ‘povna, oramai, per prepararsi all’esame di stato, hanno cambiato docimologia dei voti da qualche mese a questa parte) – ha glossato in sovrapprezzo Orlando. E tutti gli altri hanno annuito in coro.
E “bellissimo” lo è stato davvero, va detto. Dal ponte Carlo al giro della città vecchia; dalle torri salite a una a una, con puntiglio (nell’ordine, almeno tre: quella del ponte, la piccola Eiffel e l’osservatorio astronomico) fino allo studio della Casa Danzante; da Josevov al complesso del Castello, il drappello degli alunni li ha seguiti con disponibilità costante, mostrando una partecipazione e un interesse ben al di là della buona educazione.
Così una gita costruita fai-da-te (per la parte culturale) si è dimostrata ancora una volta vincente, perché la mescolanza di dovere e tempo libero ha garantito a tutti un’aggraziata armonia di bello e giusto, nella quale ciascuno, insegnanti e alunni a turno, è salito sul palco a recitare.
Muoversi sempre in giro in quaranta non è facile, va detto (specie se non vuoi fare il cane pastore, ma nemmeno il lassista), e così la ‘povna e i suoi colleghi, i loro alunni, se li sono guardati a briglia lunga, sotto gli occhi; imbastendo la città di meeting points che fossero solo per loro chiari e netti: ogni classe affidata a un contatore. Piccolo Giovanni, Dodo e Luminosa hanno risposto alla bisogna (Corvonero faceva in situazione, erano solo cinque) e dentro Praga è risuonata, squillante, la loro voce di Prefetti: “9, 10, 11… i Merry Men siamo tutti, professoressa ‘povna”; “Maculati presenti”, la voce di Luminosa informava con prontezza; “Siamo al completo pure noi, prof. Ingegnera Tosta”; “Noi di Corvonero siamo sempre pochi e primi, ci vedete”. Per giorni, mentre scalavano la collina di Petrin, la Nerudova, o percorrevano verso piazza Venceslao il simil-boulevard della Narodny, la ‘povna è andata in cerca di un’immagine che fosse mise en place, abyme, epitome. L’ha trovata una sera, a un quarto a mezzanotte, sull’angolo di Starometska (dove si ritrovavano dopo la libertà, negoziata, di giorno in giorno e quarto d’ora in quarto d’ora, come tutto), in quella di Harry Potter.
“Sembriamo i professori di Hogwarts” – ha fatto presente ai suoi colleghi – “che parlano ai Prefetti”.
“E voi sareste Grifondoro?” – ha motteggiato Mr. House.
“E chi se no? Mi sembra ovvio!” – è la risposta immediata della ‘povna – “Del resto, delle tue classi, i Maculati sono evidenti Tassorosso…” – Mr. House, consapevole, annuisce – “e gli altri cinque sono Corvonero: strambi, brillanti, ma nel complesso tranquilli”.
Ad ascoltare la loro conversazione arriva il Panda: “Professoressa, e chi è Serpeverde?”.
La ‘povna si prende una pausa, ma è lui stesso che continua la sua riflessione ad alta voce, anticipandola: “Nessuno, prof., ci pensi, è ovvio: Serpeverde, almeno quello prima della caduta di Voldemort, non può proprio trovarsi, in questa gita!”.
“Alla fine sono arrivato alla conclusione che Praga non esiste. O, meglio, che esiste soltanto per le scolaresche che ci arrivano, e che di continuo vengono scaricate come pacchi dalle commissioni gite delle scuole e dalle agenzie di viaggi. E’ come se la tirassero fuori dalla scatola, Praga, e la montassero per la pubblica affluenza, stando bene attenti a far coincidere il risultato con il disegno sulla confezione. E poi la smontassero con cura, a fine stagione, la mettessero via dentro una borsa di nylon, e nessuno se ne ricordasse più. Mi sono fatto l’idea che se uno passasse con l’aereo, anche un po’ a tradimento, sopra la Repubblica Ceca in un periodo non considerato di gite scolastiche, Praga non ci sarebbe affatto”. (Andrea Bajani, Domani niente scuola).