di Nicola Porro. Ma vi ricordate quando ridicolizzavano la discesa in campo di Silvio Berlusconi nel 1994? Con il kit del candidato, le mentine, le convention e gli spot in tv? Poi, dopo, dissero che era tutta colpa della televisione. E Bobbio (tocca scomodarlo) ci spiegò che non era l’elettrodomestico in sé, non era stato il conflitto di interessi di quegli ultimi mesi a far vincere il Cav; ma vent’anni di tv commerciale (ovviamente lo diceva in modo negativo) digerita dagli italiani aveva permesso il berlusconismo. Aveva creato il substrato culturale per il quale Berlusconi, diceva snobisticamente Bobbio, non poteva non vincere. Ecco. E ora nessuno che si scomodi a pensare che uno degli strumenti chiave per la vittoria di Grillo si chiama Internet. Tutti i leader di partito hanno il loro tablet, il telefonino multifunzione e si sono affacciati sulla Rete. Ma non sono nativi. Utilizzano internet come un aborigeno potrebbe cavalcare una Ducati: con una certa goffaggine. O come un politico della prima Repubblica avrebbe usato le tv: al massimo con una tribuna politica.Il movimento di Grillo, al contrario, ha sfruttato appieno la Rete. L’ha cavalcata, ne ha capito gli umori, l’ha indirizzata. Sì, è possibile, nonostante la retorica della massima libertà e trasparenza del web. La Rete è anche un gigantesco pozzo di liquami: chi è più bravo nasconde i suoi e scoperchia quelli altrui. Sia chiaro non è la Rete come mezzo che fa vincere le elezioni, ma la Rete è un preciso termometro di una certa opinione pubblica che deve essere intercettata. Grillo e i grillini hanno abilmente saputo mischiare gli ingredienti del miglior marketing politico, proprio grazie ad Internet. Se uno studioso avesse voglia e tempo non faticherebbe a mettere in relazione l’affermazione del Movimento 5 Stelle con la penetrazione geografica della Rete in Italia. I grillini sfondano dove la Rete e i computer sono più presenti. I suoi candidati e i suoi elettori sono nativi di Internet. Lo usano, lo maneggiano e lo consumano come un tempo la casalinga di Voghera guardava le soap opera. Per una parte della politica, Internet semplicemente non esiste. Eppure la piazza virtuale a marzo ha raccolto 27 milioni, di cui 13 milioni nel giorno medio. Questi signori stanno davanti al computer un bel po’. Secondo i dati Audiweb ci trascorrono la bellezza di 1 ora e 18 minuti, scartabellandosi 147 pagine elettroniche. C’è molto gioco, intrattenimento, cazzeggio, ma anche informazione e propaganda. E la stragrande maggioranza sono giovani sotto i 34 anni. Grillo ha utilizzato la Rete in modo sapiente. I suoi candidati non sono legati da uno Statuto, che non c’è, o da una sezione, che non esiste, ma da alcune parole d’ordine che nascono e si sviluppano solo sulla rete. Sono come, sia detto senza irriverenza, tanti terminali di un server centrale (Grillo appunto). Davvero pensiamo che il problema dell’acqua pubblica (peraltro dopo un referendum già stravinto) sia il tema fondante di queste ore? Ovviamente no. Eppure è una delle parole d’ordine dei grillini, che alimentano attraverso la suggestione di questa battaglia (facile e demagogica) una comunità collaudata. Non hanno Turati e De Gasperi, non hanno Marx o Friedman, sono semplicemente su un altro piano: quello della Rete. Guai a prendere sotto gamba questo fenomeno. Sono tanti, sono svegli, hanno voglia di cambiare. Semplicemente il loro ribellismo non utilizza più i canoni della protesta dell’altro secolo. E grazie al cielo. Sono nativi della Rete, ma non per questo poco impegnati. Attenzione a non confondere il mezzo con il contenuto. Il New Yorker in una lunga inchiesta si interrogava mesi fa sulla rivoluzioni arabe e sul ruolo della Rete. E sosteneva che essa fosse stata largamente sopravvalutata dai media tradizionali. Ricordava, il New Yorker, le grandi battaglie dei neri americani contro il segregazionismo e la loro capacità di diffusione virale per il Paese, anche senza telefoni e computer. Insomma Internet e la Rete sono uno strumento, come lo era la televisione, formidabile. Ma i cambiamenti nascono dagli uomini, da coloro che riescono a utilizzare meglio gli strumenti di comunicazione che hanno a disposizione.
Magazine Politica Italia
di Nicola Porro. Ma vi ricordate quando ridicolizzavano la discesa in campo di Silvio Berlusconi nel 1994? Con il kit del candidato, le mentine, le convention e gli spot in tv? Poi, dopo, dissero che era tutta colpa della televisione. E Bobbio (tocca scomodarlo) ci spiegò che non era l’elettrodomestico in sé, non era stato il conflitto di interessi di quegli ultimi mesi a far vincere il Cav; ma vent’anni di tv commerciale (ovviamente lo diceva in modo negativo) digerita dagli italiani aveva permesso il berlusconismo. Aveva creato il substrato culturale per il quale Berlusconi, diceva snobisticamente Bobbio, non poteva non vincere. Ecco. E ora nessuno che si scomodi a pensare che uno degli strumenti chiave per la vittoria di Grillo si chiama Internet. Tutti i leader di partito hanno il loro tablet, il telefonino multifunzione e si sono affacciati sulla Rete. Ma non sono nativi. Utilizzano internet come un aborigeno potrebbe cavalcare una Ducati: con una certa goffaggine. O come un politico della prima Repubblica avrebbe usato le tv: al massimo con una tribuna politica.Il movimento di Grillo, al contrario, ha sfruttato appieno la Rete. L’ha cavalcata, ne ha capito gli umori, l’ha indirizzata. Sì, è possibile, nonostante la retorica della massima libertà e trasparenza del web. La Rete è anche un gigantesco pozzo di liquami: chi è più bravo nasconde i suoi e scoperchia quelli altrui. Sia chiaro non è la Rete come mezzo che fa vincere le elezioni, ma la Rete è un preciso termometro di una certa opinione pubblica che deve essere intercettata. Grillo e i grillini hanno abilmente saputo mischiare gli ingredienti del miglior marketing politico, proprio grazie ad Internet. Se uno studioso avesse voglia e tempo non faticherebbe a mettere in relazione l’affermazione del Movimento 5 Stelle con la penetrazione geografica della Rete in Italia. I grillini sfondano dove la Rete e i computer sono più presenti. I suoi candidati e i suoi elettori sono nativi di Internet. Lo usano, lo maneggiano e lo consumano come un tempo la casalinga di Voghera guardava le soap opera. Per una parte della politica, Internet semplicemente non esiste. Eppure la piazza virtuale a marzo ha raccolto 27 milioni, di cui 13 milioni nel giorno medio. Questi signori stanno davanti al computer un bel po’. Secondo i dati Audiweb ci trascorrono la bellezza di 1 ora e 18 minuti, scartabellandosi 147 pagine elettroniche. C’è molto gioco, intrattenimento, cazzeggio, ma anche informazione e propaganda. E la stragrande maggioranza sono giovani sotto i 34 anni. Grillo ha utilizzato la Rete in modo sapiente. I suoi candidati non sono legati da uno Statuto, che non c’è, o da una sezione, che non esiste, ma da alcune parole d’ordine che nascono e si sviluppano solo sulla rete. Sono come, sia detto senza irriverenza, tanti terminali di un server centrale (Grillo appunto). Davvero pensiamo che il problema dell’acqua pubblica (peraltro dopo un referendum già stravinto) sia il tema fondante di queste ore? Ovviamente no. Eppure è una delle parole d’ordine dei grillini, che alimentano attraverso la suggestione di questa battaglia (facile e demagogica) una comunità collaudata. Non hanno Turati e De Gasperi, non hanno Marx o Friedman, sono semplicemente su un altro piano: quello della Rete. Guai a prendere sotto gamba questo fenomeno. Sono tanti, sono svegli, hanno voglia di cambiare. Semplicemente il loro ribellismo non utilizza più i canoni della protesta dell’altro secolo. E grazie al cielo. Sono nativi della Rete, ma non per questo poco impegnati. Attenzione a non confondere il mezzo con il contenuto. Il New Yorker in una lunga inchiesta si interrogava mesi fa sulla rivoluzioni arabe e sul ruolo della Rete. E sosteneva che essa fosse stata largamente sopravvalutata dai media tradizionali. Ricordava, il New Yorker, le grandi battaglie dei neri americani contro il segregazionismo e la loro capacità di diffusione virale per il Paese, anche senza telefoni e computer. Insomma Internet e la Rete sono uno strumento, come lo era la televisione, formidabile. Ma i cambiamenti nascono dagli uomini, da coloro che riescono a utilizzare meglio gli strumenti di comunicazione che hanno a disposizione.
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COMMENTI (1)
Inviato il 26 agosto a 10:28
A certi politici ITALIANI il Grillo da certamente fastidio nel bene o nel male..ma nel bene o nel male GRILLO fa anche sorridere dicendo certe verità scomode..Gli atri politici TECNICAMENTE fanno solo piangere molti Italiani senza avere e continuano a NON risolvere nessun problema Italico anzi peggiorano OGNI giorno ! E la disoccupazione FORZATA dei giovani e dei tanti di mezza età lasciati in disoccupazione obbligata ne è la dimostrazione più evidente!Morando Sergio