Oggi si fa un gran discutere della pena di giorni dieci di reclusione (che non farà mai, per onestà di cronaca) comminata ad un'insegnante, ora in pensione, per aver punito un alunno che si era comportato da bullo nei confronti di un compagno di classe. La punizione oggetto della sentenza: scrivere per 100 volte sul quaderno "sono un deficiente", cosa per altro nemmeno tanto lontana dalla realtà, visto che il comportamento del soggetto deficitava dell'educazione necessaria nonché, pare, anche dell'intelligenza sufficiente a scrivere correttamente la parola che l'avrebbe definito, visto che per tutte e cento le volte il bullo avrebbe sistematicamente scordato la "i".
La giustizia, forse con lo scopo di creare maggiore giustizia sociale, ha deciso di mandare ai bulli un messaggio forte e chiaro: non preoccupatevi dei vostri atti, tanto da oggi gli insegnanti prima di prendere decisioni in merito su eventuali punizioni, vaglieranno se convenga farlo o rischiare la galera ( o per lo meno di sporcare la fedina). Perché, diciamocela tutta, se è pur vero che la punizione dell'insegnante può a ragione essere considerata umiliante per il povero bulletto, sarebbe da verificare a che livello di esasperazione l'insegnante in questione sia arrivata prima di giungere a quella decisione. In fondo basta parlare con qualche insegnante per capire a che livello di degrado possono giungere certe scuole, dove il corpo insegnante ha sempre più le mani legate, dove le famiglie spesso si rivelano la causa della tracotanza dei propri figli, sempre pronte, per l'appunto, a difendere a spada tratta il figliolo, specie se (opportunisticamente) prodigo, a sostenerne l'unicità di un intelligenza non adeguatamente valorizzata, ecc, ecc. Interessante poi il sistema di giustizia tutto italiano che prevede una sentenza che commina una pena umiliante al fine di insegnare che una punizione umiliante non è educativa! Trovo dunque stucchevole il buonismo di chi, come Gramellini (che di solito seguo con ammirazione) sulla Stampa si mette a pontificare sul nulla:
Perché le umiliazioni, lungi dal guarire i balordi dalla loro balordaggine, finiscono per acuirne quel sordo rancore verso il mondo che è alla base dei comportamenti asociali, ammantandolo oltretutto di vittimismo. Una visita a un ospedale infantile o mezza giornata di lavoro manuale può raddrizzare un cuore storto meglio di una frase scritta su una lavagna. E se poi, come spesso capita, i genitori del bulletto trovassero da ridire sulla punizione, casomai alla lavagna sarebbe giusto mandare loro.Forse il Dott. Gramellini non lo sa, sebbene faccia fatica a crederlo (mi auguro tuttavia che egli si limiti nel suo articolo ad esprimere un desiderio), ma nella sua pur piacevole retorica dimentica che non è previsto in nessun codice che l'insegnante possa decretare punizioni quali quelle da lui proposte e neppure di simili. Bisognerebbe che si facciano le leggi, e magari già che ci siamo, una che costringa i giudici ad interpretare le leggi seguendo le volontà del legislatore e non in base al fatto che qualcuno quel giorno si è mangiato l'ultima brioche al bar di fronte all'aula di giustizia lasciandolo a digiuno. La maestra in questione ha, con molta probabilità, agito con un intento educativo, certo sbagliando di grosso se l'ha fatto considerando l'umiliazione come metodo correttivo, almeno a quell'età. Ma è davvero giudicabile l'atto in sé, estrapolato dal percorso educativo certo più complesso, ove l'osare fa parte del quotidiano specie laddove non si ha a che fare con menti recettive? O meglio, sebbene giudicabile, è corretto sia punibile ledendo contemporaneamente alla dignità dell'insegnante e al suo ruolo educativo che non può prescindere dall'insita autorità?
Oggi, molti lavori sono in balia della furia sensazionalistica dei media, pronti a sbattere il mostro in prima pagina spesso raccontando mezze verità se non buie derivate dallo scarso controllo di quanto si pubblica. Già questo di per sé risulta una spada di Damocle sufficiente a minare qualunque tentativo di reimporre di forza l'autorità, con il genitore pronto a fare un quarantotto se l'insegnante prima e il preside poi mantengono inalterati i loro giudizi sul "candido" figlioletto. Ci mancavano giusto i giudici, ormai sempre più protagonisti di una società nella quale il ruolo guida della politica sta venendo sempre meno, e per via della stupida arroganza di una sempre più aliena, vetusta e impotente classe dirigente, e per l'armata brancaleone dei populisti sfascisti di cui presto oltre ai giornali, avremo il Parlamento pieno. Non rimane che chiedersi quando finalmente qualcuno prenderà in considerazione che la scuola è un elemento fondamentale per forgiare le generazioni future e che quindi fabbisogna, oltre che dei giusti finanziamenti, della autorità di imporre regole e di farle rispettare, per il bene del singolo e conseguentemente dell'intera comunità.