Autore: Nuclear Regulatory Commission
La ventata nuclearista che attraversa parte della politica italiana ha dell’inverosimile. Di fronte alle notizie tutt’altro che rassicuranti provenienti dalla centrale di Fukushima, la parola d’ordine della compagine governativa è diventata: “Guai a farsi travolgere dall’onda emotiva!”. Il nucleare in Italia, per non si sa quale calcolo energetico, deve essere realizzato. Non si è ancora sentito dire da nessuno: “Da noi non potrebbe succedere quello che è successo in Giappone”, vantando una presunta superiorità della tecnologia italica su quella nipponica. Forse la memoria è ancora fresca delle straordinarie strutture aquilane crollate per via di una scossa sismica non paragonabile a quella che sta tormentando ed ha distrutto intere città giapponesi o della diga di Montedoglio, tra Umbria e Toscana, che dopo appena 15 anni di funzionamento ha visto crollare una paratia laterale. L’Italia, prima ancora di essere zona sismica, è un paese in cui la corruzione la fa padrona, in cui tutto costa il doppio pur essendo costruito in economia. Già il nucleare è di per sé insicuro (c’è un solo scienziato che può garantire al 100% la sicurezza di un impianto anche di nuova generazione? Il rischio anche se bassissimo non è zero), se ci aggiungiamo all’insicurezza insita anche un’insicurezza di una costruzione all’italiana ecco che anche i più convinti nuclearisti cominciano a vacillare. Se c’è la possibilità di produrre energia col fotovoltaico e l’eolico (e stando alle richieste di impianti l’energia prodotta sarebbe in grado di soddisfare gran parte del fabbisogno nazionale) per quale recondito motivo dovremmo rinunciarci per avallare una scelta costosa, che darebbe la prima produzione tra venti anni, che produrrebbe una quantità di scorie radioattive che nessuno vuole? A pensare male si fa peccato – diceva il divo Giulio – però spesso si indovina.
Nel frattempo la Merkel, nota comunista tedesca, ha annunciato la chiusura di due centrali. Non si dice sempre di imitare la Germania?