“Guardare il cielo attraverso il corpo”. L’essenza dell’opera di Dalì.
Se potessi scegliere uno scenario per la Grande Bellezza sceglierei questo. Si tratta di una dolce danza del doppio che ci culla tra la sostanza materiale e quella spirituale.
Nel film il dualismo cartesiano prende forma catapultandoci in due realtà parallele. La notte, sporca, chiassosa, patetica che nasconde la bellezza di un’alba sublime. Quel chiacchiericcio che nasconde la luce giusta per sentirsi puliti.
Il pendolo tra la noia e il dolore di Schopenhauer è espresso con estrema chiarezza. Lo squallore disgraziato che fa l’uomo miserabile.
La Roma che ci viene proposta e’ surreale, eterna nella sua bellezza. “Vivere a Roma è un modo di perdere la vita” diceva Flaiano.
Sorrentino lo dimostra con la prima scena del film, ripercorrendo una Roma quasi Felliniana.
Dalla pellicola traspare la maestosità di una Roma imponente che trasuda bellezza. Bella ma vuota, come i personaggi che vi abitano. Terrazze, palazzi lussuosi, feste al limite del verosimile. Non si è mai tra la gente comune. Sempre lontani dalla realtà. Quella realtà che torna cruda ritrovandosi allo specchio con la finzione.
E’ quando comprende la distanza tra la realtà e finzione che l’uomo trova la sua umanità.
Gli occhi con i quali il regista ci incanta sono quelli “incantati”di chi viene da fuori Roma. La potenza delle immagini rievoca lo stupore del regista dinanzi ad una città accecante e sublime.
Tono Servillo interpreta magistralmente il ruolo di Jep Gambardella, giornalista di costume che seduce con la sua ironia disincantata e impertinente.
Ha osato senza strafare, riuscendo in maniera brillante a far emergere, con la sua intelligenza acuta, la decadenza morale ed esistenziale della società contemporanea.
Lo scenario, i personaggi estremamente grotteschi, gli animali surrealisti che fanno capolino nei quartieri romani, i monologhi sottili che ti mangiano la pelle sono gli strumenti con i quali si arriva alla fine di un viaggio meraviglioso.
Alla ricerca di una bellezza perduta che è ovunque.
Lo spettatore lascia la sala cercando di racimolare pezzi di un mosaico surreale tra finzione e realtà.
di Natalina Rossi All rights reserved
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