Guardarsi, ascoltarsi, parlarsi.
Attività pericolose e assolutamente controcorrente.
Più pericolose di qualunque prova fisica e sportiva che si possa immaginare; e controcorrente, perchè oggi la gente qualunque non si guarda, si dà per scontata; non si ascolta, meglio riempirsi le orecchie di rumori o frastuoni, di qualunque cosa possa far dimenticare il silenzio; non si parla, meglio farsi i cavolacci propri, meglio ignorare l’altro, che intanto è solo il cretino di turno, o l’opportunista dell’ultima serie.
Pensiamo a un carcerato che è stato privato (si presume per sua colpa) della libertà di vedere i propri cari; lui chissà cosa darebbe per potere ancora esercitare l’esercizio dello sguardo.
E chissà cosa farebbe per potere essere ancora libero d’ esercitare la facoltà della parola e dell’ascolto.
Quello che scioccamente riteniamo ordinario e banale, non ci si rende conto di come sia straordinario ed essenziale.
Tutte le cose semplici che andiamo a svolgere durante una consueta giornata di lavoro o di vacanza, sono bensì intrise di queste tre operazioni; tra di noi inevitabilmente ci si guarda, ci si ascolta, ci si parla.
Ma ce ne rendiamo effettivamente conto?
Il rendersene conto significherebbe che siamo consapevoli di stare dentro un mondo abitato dall’altro. Un altro che spesso percepiamo come nemico, come ostacolo, come impedimento, anzichè sempre e comunque come un’occasione.
D’accordo, i tempi dello sguardo e delle parole e dell’ascolto quelli li possiamo scegliere, almeno quelli li possiamo programmare, qualche volta.
E scopriremmo che non si può fare nulla di buono senza essere passati da queste tre fasi, da queste tre questioni temporali.
Il web centuplica e dilata i tempi della parola e dell’ascolto; ci si parla in qualunque momento, ci si ascolta in qualunque occasione e contesto, ma ci si guarda anche, se solo si decide di mostrarsi.
Di mostrare la nostra figura.
Che tutto sommato è una cosa assolutamente normale nella vita reale, ma un pochino più tecnologica ed espositiva nella via mediatica.
Dopotutto delle tre operazioni è quella non indispensabile e assoluta.
Non si può fare a meno della parola senza privarsi di un qualcosa di insostituibile, non si può fare a meno delle orecchie (intese nella loro funzionalità), se si vuole prestare ascolto all’altro; ma si può fare a meno della presenza fisica, se ci si vuole comunque trasmettere.
Nella comunicazione per eccellenza la presenza morale ed etica sovrasta quella fisica.
Ed è lo sguardo, il guardarsi, che detta il titolo di questo post.
Perchè ci si può guardare in due maniere; con gli occhi del viso, e con gli occhi del pensiero.
Entrambi veri, entrambi preziosi.
0.000000 0.000000