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Guardate The Americans! Parola di Stephen King

Creato il 09 novembre 2015 da Tiziana Zita @Cletterarie

The_AmericansThe_AmericansIl maestro della suspense Stephen King, interrogato nel 2013 su quale fosse la migliore serie TV dell’anno, non ha avuto dubbi nell’indicare The Americans. Nel 2013 la prima stagione è stata trasmessa sul canale via cavo FX, poi c’è stata una seconda stagione, già proposta in Italia da Sky, dove è appena partita la terza stagione. E visto il successo di critica e pubblico, che aumenta a ogni nuova sceneggiatura, è già prevista una quarta serie. The Americans infatti, a differenza di altre serie che perdono verve andando avanti, è un intrigo che cresce in complessità senza annoiare, ma anzi, i personaggi in gioco acquistano uno spessore crescente. La storia, in breve, è la seguente:

E’ il 1981 e una coppia di «illegali», così sono chiamate le spie sovietiche addestrate a infiltrarsi negli Stati Uniti, vive a Washington da quindici anni. Due figli, una di tredici e uno di dieci, e un’agenzia di viaggi completano la copertura, dando vita all’archetipo della famiglia americana felice, quello che presentano quotidianamente al loro vicino di casa, un agente del controspionaggio.

Ideata da Joe Weisberg, ex agente della CIA sotto copertura, la serie trae lo spunto sia dall’ archivio Mitrokhin sia dalla sconvolgente Ghost Stories Operation del 2010, quando si scoprì che dieci spie russe erano riuscite a vivere nascoste negli Stati Uniti per oltre una decade. Weisberg ritenne che retrodatare l’evento all’epoca della Guerra Fredda fosse fonte di maggiore tensione.

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Di qui la scelta dell’era reaganiana e la riproduzione accurata di tutto l’armamentario della spia dell’epoca: microfilm, telecomandi voluminosi, parrucchini per travestimenti, messaggi in codice lasciati sotto le panchine e squadre di “esfiltrazione” sovietiche, pronte a rimpatriare di nascosto traditori da punire o scienziati necessari alla causa. Un affresco di un’epoca che i più tecnologici Homeland o 24, avevano sepolto nel vintage declinato da James Bond.

Sarebbe un errore, però, considerare il tema principe lo spionaggio. Come ha ammesso lo stesso Weisberg «abbiamo sempre concepito The Americans come uno show sul matrimonio, più che sullo spionaggio. Ed è questa una tendenza che cavalcano da tempo le serie TV statunitensi: presentare le sfaccettature dei matrimoni più inusuali, si pensi solo alla poligamia mormone delle quattro stagioni di The Big Love, che ci ha coinvolto nei drammi delle «sorelle mogli», o al rapporto contorto della coppia presidenziale in House of Cards.

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Quali sono in questo caso le particolarità dell’unione di Elizabeth e Phillip Jennings, interpretati rispettivamente dall’attrice Keri Russell e Matthew Rhys (Kevin, il fratello gay, in Brothers & Sisters)?
L’essere il frutto di un matrimonio combinato dal KGB. Addestrati entrambi in modo severo in territorio sovietico, Elizabeth sposa a ventidue anni un perfetto sconosciuto e tutt’e due  promettono al KGB di non parlare mai più in russo, né di condividere il proprio passato con il coniuge. Come Elizabeth dice a Philip durante un momento di crisi: «Non siamo mai stati sposati. Avevamo un accordo e ha funzionato.»

I due più che essere sposati, fingono di esserlo eppure, dopo quindici anni, lei vuole che il matrimonio funzioni davvero, quasi a voler nobilitare, con la realtà di un amore autentico, una fetta di quella vita condotta sul filo della menzogna costante. Ed è toccante la scena in cui si confidano per la prima volta i loro veri nomi russi, Mischa e Nadedzhda.
La cosa curiosa, in questo stare sempre al limite tra “verità” e “finzione” è che i due sono una coppia anche nella vita.

Elizabeth è un personaggi

The_Americans_logo
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o complesso, innamorata dei figli, ma talmente votata alla causa sovietica che non riesce a scrollarsi di dosso, neppure per un istante, la dedizione granitica alla Madre Russia. Phillip, invece, si è adattato fin troppo bene alle comodità offerte dalla nuova situazione e in ogni caso è più critico, tanto che sarebbe pronto a tradire. Cerca di farlo incalzando Elizabeth con confronti tra le due nazioni, rimarcando spesso lo stile di vita più agiato che stanno conducendo. Ma lei non demorde e gli risponde: «È più bello qui? Sì. È più facile.» Insomma, le agevolazioni del consumismo sono un dato di fatto, ma non autorizzano ad abbandonare gli ideali.

The Americans
The Americans
E questo oggi, con il senno di poi, ci appare strano: il fatto che siano convinti di lavorare per il bene dell’umanità, che anche quando fanno il male pensano che sia per il bene… che poi è il presupposto di ogni estremismo.
Il punto più irrealistico della serie è, a mio avviso, la perfetta gestione del tempo che concilia notti di pedinamenti e sparatorie, con l’attività fiorente di agenti di viaggio e i pasti dei figli sempre pronti. Insomma, si uccide la sera prima e al mattino il tostapane erutta puntuale il pane croccante per i bambini che vanno a scuola. Anche dal trailer della 1a stagione si ha il sentore di un multitasking di non facile gestione.

Ed è proprio sui figli che si giocherà tutto: questi ragazzi sono il frutto di un matrimonio combinato, messi inizialmente al mondo per rendere più credibile la copertura. In fondo l’atto che li ha generati, non differisce molto dai tanti rapporti sessuali che i Jennings hanno con estranei per estorcere loro informazioni. Le prestazioni sessuali «di lavoro» sono considerate normali dalla coppia e costituiscono una parte integrante del lavoro di spia. Ma tutto è finzione tranne i loro figli che sono del tutto ignari di essere i pargoli di spie russe e conducono una vita da giovani americani. Ed è indubbio, i Jennings amano la loro prole.

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Il dramma, con cui ci lascia la seconda stagione, con un finale tanto geniale quanto imprevedibile, è proprio questo: i figli sono davvero creature loro? O sono forse solo «clandestini di seconda generazione», come li definisce il KGB, che appartengono alla causa?

La terza serie (guarda il trailer), acclamata dalla critica, affronterà questo nodo cruciale, perché, intanto, i bambini sono cresciuti. S’insospettiscono, fanno domande e, forse quasi per motivi genetici, spiano i genitori.

04 THE AMERICANS
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Molto riusciti anche i personaggi secondari, come l’agente FBI Stan Beeman, interpretato magistralmente da Noah Emmerich (The Truman Show) e la sua amante, la spia russa doppiogiochista Nina Sergeevna, l’attrice Annet Mahendru), che gli spiega con candore la differenza tra i loro due paesi: «Voi americani pensate che sia tutto bianco o nero, ma per noi è tutto grigio.»
E l’agente e vicino di casa Stan Beeman, nella sua brutale efficienza, mostrerà di essere non solo un pessimo marito ma anche un sordido amante. Un traditore. Dico così perché, sia chiaro, questa è una serie nella quale è inevitabile schierarsi con i sovietici, un dato che crea meno turbativa in Europa, ma che risulta particolarmente inquietante per il pubblico statunitense. Che però, Stephen King in testa, continua a guardarla appassionatamente.

La 3a stagione di The Americans è in onda ogni venerdi su Sky Fox


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